6, 2012
 
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L'ottavo libro di lettere dedicatorie di diversi (Bergamo 1603)

a cura di Monica Bianco



L'Ottavo libro di lettere dedicatorie di diversi fu pubblicato a Bergamo da Comino Ventura nel 1603. Composto da 32 carte (4 non num., seguite da 28 num. 1-26), contiene 15 dediche: soltanto il Quinto libro (1602) ne aveva presentate così poche. Per la prima volta dall'inizio della raccolta manca l'avviso dello stampatore ai lettori; così l'ultima carta del fascicolo introduttivo, di norma riservata a questo scopo, resta bianca. La silloge è dedicata da Comino Ventura a Zaccaria Bergomelli, «Dottore di Sacra Theologia Mio colendissimo Signore», con lettera datata Bergamo («Dalla mia stampa»), 4 aprile 1603 (cc. n.n. [2r-3v]). Il Bergomelli - nato ad Albino (BG) nel 1560 ca. e ivi morto nel 1626 - era frate carmelitano della Congregazione di Mantova, all'interno della quale sostenne varie cariche: reggente, visitatore, definitore, procuratore generale. Fu anche correttore, revisore e consultore del Santo Uffizio. L'offerta è fatta rientrare dallo stampatore in una sua consuetudine, avendo egli già dedicato a «diversi claustrali di gran valore» (n.n. [3r]) opere da lui edite, tra cui alcuni volumi della raccolta di lettere dedicatorie. In effetti ben quattro libri sui sette precedenti della silloge erano stati dedicati a uomini di Chiesa: il Libro terzo (1602) a Paolo Mosconi, arciprete di Soncino; il Libro quinto (1602) a Lodovico Brigienti, canonico del duomo di Bergamo; il Libro sesto (1602) a Marco da Pelago, abate del monastero del Santo Sepolcro di Astino; il Libro settimo (1602) a Aurelio Corbellini, monaco agostiniano. Tale consuetudine, che vede lo stampatore prediligere i dedicatari ecclesiastici, è spiegata dal Ventura con il fatto che l'umiltà cristiana, che «induce molti a pagarsi più di meritare che di chieder mercede» (c. n.n. [2v]), fa sì che numerosi «dotti spiriti» (c. n.n. [2v]) consacrati alla vita religiosa non siano celebri come meritano. È compito quindi degli stampatori, che ben conoscono le opere di «questi tali al mondo morti, a Dio, alla Verità, alle Virtù vivi» (c. n.n. [2v]), rendere noti i loro nomi e le loro fatiche «acciò dalle Stampe non morte ricevano la vita, ch'essi co' lor vivaci ingegni gli danno» (c. n.n. [2v]). Da qui la sua risoluzione a «trar dalle celle più celesti che terrene i viventi Religiosi di mente e merto famosi che per qual si voglia via mi si foran palesi, e miniar co' loro honoratissimi nomi e lodi quei volumi che alla giornata eleggerò da stampare» (c. n.n. [3r]). Al Bergomelli è dedicato l'ottavo libro della raccolta per due motivi: «perché con questo numero s'esprima nella Paternità vostra la Giustitia Pitagorica, che nei governi ugualmente divisa e compartita alle parti soggette ha sempre inviolabilmente servata» e per «accennar al Mondo che quella vita, che i parti dell'Ottavo Mese non possono havere [...] da Saturno freddo e secco, quest'Ottavo Tomo l'haverà dalla Paternità vostra humida e calda temperatamente» (c. n.n. [3r]). Come infatti il dedicatario si rende noto all'Italia con le sue parole e i suoi scritti, così renderà immortale l'opera a lui donata. Conseguentemente alla "risoluzione" dichiarata dal Ventura, nel volume sono numericamente preponderanti le lettere dedicatorie che vedono coinvolti uomini di Chiesa sia come dedicatari che come dedicanti o autori (spesso entrambe le cose). Solo in cinque dediche su quindici dedicante, dedicatario e autore sono laici. Non solo dedicatario dell'intera raccolta, Zaccaria Bergomelli ritorna in veste di dedicante delle sue Lagrime del peccatore ne i sette Salmi della penitenza di Davvide (Bergamo, Comino Ventura, 1597), offerte, con lettera datata 28 agosto 1597 (cc. 4r-v), a Girolamo Alberti, capitano di Bergamo, al quale il carmelitano palesa «ardente brama et infuocato desiderio» di palesarsi «al mondo non meno per natura che per elettione humilissimo servitore» (entrambe le citazioni a c. 4v). Il volume si apre con la dedica del monaco vallombrosano Arsenio Crudeli (Poppi 1556 ca.-Firenze, 1615) a Flavia Peretti Orsini (cc. 1r-2r: 25 novembre 1602) dei suoi Dieci ragionamenti sopra le sette parole dette da Giesù Christo nostro Sig. in croce. [...] Fatti da lui in San Pancrazio di Fiorenza l'anno MDCI (Firenze, Giunti, 1603). Flavia, sposa dal 1589 di Virginio Orsini, duca di Bracciano, era nipote di papa Sisto V, essendo nata da Fabio Damasceni e Maria Felice Peretti. Per lei il giovane Tasso aveva eretto nel 1591 il Tempio fabricato da diversi cultissimi e nobilissimi ingegni in lode dell'illustre ed eccellente Donna Flavia Peretta Orsina, edito a Roma da Giovanni Martinelli. L'offerta è motivata con il fatto che la Peretti è «usata a Lezzioni e Ragionamenti spirituali» (c. 1v). Come il Bergomelli anche il teologo domenicano Innocenzo Cibo Ghisi (nato a Genova e ivi morto nel 1612) sceglie come dedicatario un uomo politico: Giulio Spinola, senatore, procuratore, ambasciatore per conto della Repubblica di Genova. Se a essere offerto in questo caso è un trattato sulla figura del consigliere (Consiglio a consiglieri, Nel quale minutamente, quanto loro di sapere et osservar convenga, si discorre, Milano, Erede di Pacifico Da Ponte e Giovanni Battista Piccaglia Compagni, 1602), scopo della dedica è, come di quella del Bergomelli, «essere tra i servitori di V. Sig. Illustrissima annoverato» (c. 7r). È questa l'unica opera politica del Ghisi, autore per lo più di testi di storia locale (Dialogo della nobiltà dell'illustriss. famiglia Cybo, Genova, Girolamo Bartoli, 1588) o di argomento morale (Discorsi Morali sopra i sette Salmi penitentiali, Venezia, Giovanni Battista Ciotti, 1607; più volte ristampati) e agiografico (Vita e miracoli di San Giacinto confessore dell'Ordine de' Predicatori, Verona, Girolamo Discepolo, 1594). Dedica a un caro amico è invece quella di Lelio Gavardo, prevosto di S. Zeno a Pavia dal 1575, allo stampatore Niccolò Manassi (cc. 13r-14r: 1 febbraio 1585), che precede la commedia di Carlo Turco (1548 ca.-1575) Agnella (Venezia, Aldo Manuzio, 1585). Il Gavardo, asolano come l'autore e il dedicatario, fu curatore di alcune opere edite dall'amico Aldo Manuzio il Giovane (tra cui l'altro testo teatrale del Turco, la tragedia Calestri, uscita nello stesso 1585, e le Rime e prose di Torquato Tasso del 1583), della cui tipografia il Manassi aveva la gestione dal 1577. La dedica, che si apre sul «Grande amore et obligo di singolar amicitia et molta osservanza delle vostre rare et honorate qualità» da parte del Gavardo, ha il fine di «far manifesto quanto sia l'amore, quanta sia l'amicitia tra noi» (cc. 13r, 14r). Al Manassi Ercole Cati aveva offerto nel 1581 il suo volgarizzamento del trattato di Charles Etienne L'agricoltura, pure edito da Aldo Manuzio il Giovane (cfr. Libro secondo, cc. 21r-22v in «Margini», 2, 2008). Girolamo Giovannini da Capugnano (morto a Roma nel 1604) - teologo domenicano, priore nei conventi di San Domenico di Bologna (1582) e Venezia (1595), inquisitore di Vicenza (1596) - si distinse per la sua attività di correttore ed editore di testi sacri e profani (tra i quali A. F. Doni, La zucca, Venezia, Giovanni Polo, 1589; N. Franco, Dialoghi piacevolissimi, Venezia, Altobello Salicato, 1590). Alle cc. 17r-18r si legge la dedica, senza luogo e data, dell'edizione da lui corretta ed espurgata della Circe di Giovan Battista Gelli (La Circe di Gio. Battista Gelli. Academico Fiorentino. Aggiuntevi le Annotiationi, et gli Argomenti da Maestro Girolamo Gioannini da Capugnano Frate Predicatore, Venezia, Giovanni Angelo Ruffinelli, 1588) al mercante Francesco Ferro, definito «leale et d'animo generoso» (c. 17v). La carriera del Giovannini all'interno dell'Ordine domenicano era iniziata grazie alla protezione di Paolo Costabili, che lo aveva voluto suo segretario dall'elezione a maestro generale dell'Ordine alla morte (1580-1582). Riconoscente, il Giovannini aveva composto la Vita di fra Paolo Costabili, Maestro general dell'Ordine de' Predicatori. [...] Con due Orationi et versi fatti da molti huomini illustri, Nella morte d'esso Reverendiss. Padre (Venezia, Fabio e Agostino Zoppini Fratelli, 1586). La dedica, senza luogo e data, a Feliciano Ninguarda (Morbegno, 1524-Como, 1595) si legge alle cc. 11v-12v. Esponente di spicco dell'Ordine domenicano, il Ninguarda era stato nominato nel 1554 vicario generale dell'Ordine in Germania, aveva partecipato al Concilio di Trento come oratore e teologo dell'arcivescovo di Salisburgo (1562-1563), ed era stato nunzio pontificio in Germania (1578-1583) e in Svizzera (1586-1588). L'offerta della biografia nasce dalla stima che lo stesso Costabili provava per il «valore di V. S. [il Ninguarda] nella compositione di molti libri, nel trattar ardui negotij presso i Prencipi d'Alemagna, nel zelo co 'l quale per molti lustri ha soccorso le cose della Religione per special commandamento della Sede Apostolica nelle parti del Settentrione. E per haver mantenute sempre vive quelle radici di bontà che in lei cominciarono a vedersi nella gioventù, quando si racchiuse nei sacri chiostri» (cc. 12r-v). Al Ninguarda si affiancano nella raccolta altri tre dedicatari appartenenti alla Chiesa, ai quali sono ugualmente offerte opere di autori ecclesiastici. Seconda dedica proposta (cc. 2v-3v) - e unica di Comino Ventura all'interno della silloge - è quella, datata 5 febbraio 1603, a Cirillo Mainardi, monaco vallombrosano e abate del monastero del Santo Sepolcro di Astino (nei pressi di Bergamo), della riedizione del Sole della lingua santa. Nel quale brevemente e chiaramente si contiene la grammatica hebrea. Composta dal R. P. D. Guglielmo Franchi (Bergamo, Comino Ventura, 1603). Guglielmo Franchi (1563-1598), nato in Umbria da genitori ebrei, dopo la conversione al cristianesimo era entrato nella Congregazione Vallombrosana, trascorrendo la vita nel monastero del Santo Sepolcro di Astino. Da qui la dedica del Ventura a colui che nel 1603 ne era l'abate («Quando il Rev. Padre Don Guglielmo Franchi, compositor della presente opera, vivesse [...] ad altri che alla V. S. molto Riverenda non sarebbe egli raccomandato, né altri medesimamente che ella havrebbe di lui patrocinio et cura, come quella che, avanzando infiniti altri di merito, singolarmente è ancho stata eletta in Abate, moderatore et arbitro del Monastero di San Sepolchro nella Valle d'Astino di questa Città» (cc. 2v-3r). La dedica del Franchi a Pietro Bongo della prima edizione dell'opera, datata 26 maggio 1591, si legge in Libro primo, cc. 47v-48r («Margini», 1, 2007). Giovanni Battista Federici, vicario foraneo di Treviglio e canonico della Collegiata di S. Martino, è il dedicatario del Trattato de' casi di conscienza. Composto per il M. R. P. Frate Antonio di Cordova, dell'Ordine del serafico P. S. Francesco della Provintia di Castiglia di osservanza. Con una gionta di cinquanta due questioni in questa ultima impressione del medesimo autore. Opera utilissima non solamente a' curati et confessori, ma ancora ad ogni sorte di persona. Tradotto di novo dalla lingua spagnola nell'italiana (Brescia, Pietro Maria Marchetti, 1599). Nella dedica, datata 8 maggio 1599 (cc. 16r-v), lo stampatore Pietro Maria Marchetti (1565-1614), dopo aver affermato di preferire la pubblicazione di opere spirituali, perché le azioni che giovano al mondo sono le più lodevoli e la lode maggiore va a chi giovi al mondo nelle cose pertinenti all'anima, racconta di essere venuto in possesso dell'originale castigliano del trattato del teologo Antonio de Cordoba (1485-1578), grazie a Girolamo Federici, fratello del dedicatario e appartenente, come l'autore, all'Ordine dei frati minori osservanti. Ha deciso quindi di offrire la traduzione italiana al fratello di chi aveva portato l'originale dalla Spagna «per esser dono conforme alla dottrina sua, la quale, accompagnata da una singolar pietà e bontà Christiana, la fa honorare et stimare tra i più degni Religiosi di questi tempi» (c. 16v). La serie dei dedicatari ecclesiastici si chiude con Patrizio Spini, canonico regolare di S. Salvatore nella chiesa di S. Giovanni a Brescia e abate di S. Michele di Candiana. È ancora una volta Pietro Maria Marchetti a dedicare la traduzione di un'opera spagnola uscita dalle sue stampe, il Trattato di tutti i contratti che nei negotii et commertii humani sogliono occorrere; nel quale con mirabile ordine et chiarezza si esplica tutta questa materia de' contratti riducendola a scienza et arte. Opera utilissima non solamente a' curati et confessori; ma ancora ad ogni sorte et conditione di persone. Composta per il molto R. P. F. Francesco Garzia Dottor Teologo dell'Ordine de' Predicatori. Nuovamente tradotta dalla lingua spagnuola (Brescia, Pietro Maria Marchetti, 1589; cc. 22r-23r: 12 gennaio 1589). L'offerta allo Spini, persona «per natura inchinatissima et studiosissima delle scienze et in particolare della Sacra Theologia e delle Canoniche Leggi, alle quali meritamente si riferisce il Trattato de' Contratti», vuole testimoniare «il vivo affetto di osservanza che già molti anni tengo alle honoratissime qualità et non volgari virtù sue» (entrambe le citazioni a c. 22v). Patrizio Spini aveva tradotto la Chronica de rebus Brixianorum di Elia Capriolo (Delle historie bresciane di M. Helia Cavriolo [...] fatti volgari dal molto Rev. Patritio Spini, Brescia, Pietro Maria Marchetti, 1585), offrendola all'abate Girolamo Martinengo (cfr. Libro secondo, cc. 13r-15v in «Margini», 2, 2008). La prima dedica che vede coinvolti esclusivamente dei laici è quella di Aldo Manuzio il Giovane a Francesco Melchiori, datata 13 aprile 1581 (cc. 5r-6r), delle Rime del Signor Torquato Tasso. Parte prima. Insieme con altri componimenti del medesimo, Venezia, Aldo Manuzio, 1581. Il Melchiori (Oderzo, 1528-ivi, 1590), che aveva studiato a Padova e Bologna, ottenendo una solida cultura umanistica, era noto per i suoi interessi archeologici e numismatici che lo avevano spinto a costruire nella sua casa di Oderzo un piccolo museo. Nella dedica, che vuole essere «saldo testimonio dello stretto et indissolubile nodo di amicitia che io protesto di haver con Lei», Manuzio spera di far presto visita, «in quella dolce amenità di Oderzo», al Melchiori, che descrive tutto dedito agli studi («nei quali essendo ella così innanzi, che pochi pari ha, si affatica non di meno senza misura come se hor cominciasse»). La vita onesta e operosa che conduce non mancherà di dare all'opitergino l'immortalità («Viverà V.S. viverà, credami, eternamente, poiché, vivendo hora con tutti que' termini che si richieggono a vero gentil'huomo, si apparecchia una vita gloriosa e immortale» (tutte le citazioni a c. 5v). L'interesse del Melchiori per l'opera del Tasso si concretizzerà pochi anni appresso nel suo contributo all'edizione de Il Goffredo overo Gerusalemme liberata poema heroico del S. Torquato Tasso [...]. Con l'aggiunta de Cinque Canti del S. Camillo Camilli et i loro Argomenti del S. Francesco Melchiori Opitergino (Venezia, Altobello Salicato, 1585). Di Aldo Manuzio il Giovane si leggono due dediche nel Libro settimo («Margini», 6, 2012): alle cc. 9r-10v quella a Ferrante Gonzaga dell'Aminta del Tasso (del 20.12.1580); alle cc. 13v-15r quella a Iacopo Manucci della commedia del Caro Gli Straccioni (del 6.12.1581). Andrea Bacci (Sant'Elpidio a Mare, 1524-Roma, 1600) - di cui è pubblicata (alle cc. 8r-11r) la dedica, senza luogo e data, all'«Illustriss. Senato et Inclito Popolo Romano» del trattato Del Tevere della natura et bontà delle acque et delle inondationi. Libri due (Roma, Vincenzo Luchino, 1558) - fu un celebre medico, tanto da essere nominato nel 1586 da Sisto V archiatra pontificio. Attento ed esperto studioso dell'uso delle acque (compose anche il Discorso delle Acque albule, Bagni di Cesare Augusto a Tivoli. Delle Acque di S. Giovanni a Capo di Bove nuovamente venute in Luce. Delle acetose presso a Roma et delle Acque d'Anticoli. Con alcune regole necessarie per usar bene ogni Acqua di Bagno, edito a Roma nel 1567, e il trattato De Thermis libri VII edito a Venezia nel 1571 e più volte ristampato), Bacci è autore anche di un monumentale trattato sul vino: il De naturali vinorum historia de vinis Italiae et de conviviis antiquorum libri septem (Roma, Niccolò Muzi, 1596). La dedica ha lo scopo di ringraziare il Senato per avergli accordato la cittadinanza romana. Seguono due dediche dello stampatore Niccolò Manassi, che abbiamo già incontrato come dedicatario. La prima, datata 1 marzo 1582 (cc. 14v-15v), offre l'edizione manuziana dell'Essame de gl'ingegni degli huomini, Per apprender le Scienze: Nel quale, scoprendosi la varietà delle nature, si mostra, a che professione sia atto ciascuno, et quanto profitto habbia fatto in essa: di Gio. Huarte: Nuovamente tradotto dalla lingua Spagnuola da M. Camillo Camilli (Venezia, Aldo Manuzio, 1582) al filosofo Federico Pendasi (Mantova, 1545 ca.-Bologna, 1603), allievo a Bologna di Ludovico Boccadiferro e poi apprezzato professore nelle Università di Pavia, Mantova, Padova (1564-1570) e Bologna (1571-1603). Nella dedica il Manassi spiega che l'offerta gli è stata suggerita da un allievo del Pendasi, Stefano Benassa, con la motivazione che un'opera di filosofia deve essere «raccomandata alla protettione d'un Filosofo, et Filosofo tale per cui potesse dalle calunnie et oppositioni de' maldicenti et detrattori esser agevolmente et con somma sua riputatione difesa» (c. 15r). Poiché «certissimo si stima da tutti lei [Pendasi] non punto d'ingegno et di dottrina essere a niuno degli antichi Filosofi inferiore» (c. 15v), nessuno meglio di lui potrà difendere la nuova traduzione che si presenta al pubblico. L'Exámen de ingenios para las ciencias (Baeza, Juan Bautista de Montoya, 1575), trattato sulla formazione intellettuale e professionale degli studiosi, è l'opera più celebre del filosofo navarrino Juan Huarte de San Juan (1530 ca.-1591 ca.). La seconda dedica del Manassi è quella a Girolamo Hotto, in data 12 gennaio 1589 (cc. 23v-24v), dell'edizione aldina dell'Aminta favola boschereccia del Sig. Torquato Tasso. Di nuovo corretta et di bellissime et vaghe figure adornata (Venezia, 1590). Il volume, più lussuoso dei precedenti («in forma hora et lettera grande», c. 23v), è offerto al mercante, noto per desiderare «le opere di questo Poeta in ampla et honorata forma» (c. 24r), con lo scopo di far conoscere il dedicante «per uno de' suoi amorevoli servitori et insieme di tutti i Signori suoi fratelli» (c. 24r). L'interesse di Hotto per i testi teatrali è testimoniato anche dalla dedica di Giovanni Battista Leoni (Lauro Settizonio) della Roselmina favola tragisatiricomica (Venezia, Giovan Battista Ciotti, 1595). Altre due dediche del Manassi si leggono nel Libro settimo: alle cc. 12r-13r quella ad Agostino Valier della Demonomania de gli stregoni di Jean Bodin tradotta da Ercole Cato (Venezia, Aldo Manuzio, 1587); alle cc. 14v-15v quella a Iacopo Bellagrandi e Orazio Magnanini degli Oracoli politici (Venezia, Aldo Manuzio, 1590). La raccolta si chiude con la dedica di Annibale Guasco (Alessandria, 1540-ivi, 1619) a Juan Fernández de Velasco, datata aprile 1601 (cc. 25r-26v) del suo Primo libro di lettere (Milano, Erede di Paolo Da Ponte e G. B. Piccaglia, 1601). Dottore in legge, oratore e poeta, il Guasco ebbe diversi incarichi di rappresentanza dal governo di Alessandria. Appartenente all'Accademia degli Illustrati di Casale Monferrato e successivamente a quelle degli Inquieti di Milano e degli Immobili di Alessandria, pubblicò, tra le altre cose, due libri di Rime (Pavia, Girolamo Bartoli 1575; ivi, 1579; poi editi insieme ivi, 1581) e tre volumi di Lettere. Il primo, di cui il Ventura riproduce la dedica, fu curato dal letterato monzese Bartolomeo Zucchi, che aveva incoraggiato l'autore alla pubblicazione già nel 1593. Nella dedica Guasco motiva l'offerta dell'opera con la gratitudine che deve al dedicatario che «A pena fu [...] al governo di questo Stato [...] cominciò per humanità sua a favorir la persona et casa mia in tanti et sì fatti modi che ci siamo potuti dir ben fortunati in questo tempo» (c. 25r). A Juan Fernández de Velasco (1550 ca.-1613), conestabile ereditario del regno di Castiglia e per tre volte governatore dello stato di Milano (dal 1592 al 1595, dal 1595 al 1600, dal 1610 al 1612), Giovanni Botero aveva dedicato il trattato Delle relationi universali (cfr. Libro primo, cc. 98v-100v in «Margini», 1, 2007). Anche l'Ottavo libro è corredato da un indice dei Personaggi, a' quali sono dedicate le Lettere (c. [27]r) e degli Authori delle Lettere (c. [27]v).



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M. B.