7, 2013
 
Wunderkammer    
 


La dedica di un traduttore: Alfonso di Ulloa a Federico Gonzaga (1567)

a cura di Anna Laura Puliafito



 
(1)
All'Illustriss[imo] Signore; il Signor Federico Gonzaga,
Marchese di Gazuolo, Principe del Sacro Romano Imperio, etc.
Alfonso Ulloa.
   
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Una delle cose, che comunemente gli huomini più desiderano intendere, et sapere (Illustrissimo Signore) sono i dolci secreti della Natural Filosofia, per esser ella madre universale di tutto quel, che si produce, et mediante laquale (come piace al Rettor dell'universo, Dio Ottimo, et Massimo) acquistiamo tutti quei beni, che in questo mondo habbiamo. Percioche se ben questi si compartono, per dispensatione della Divina mano, di che noi non comprendiamo il secreto, nondimeno il mezo per il quale gli acquistiamo è la Natura. Et non senza cagione il desideriamo per esser tutte queste cose quelle con chi trattiamo et maneggiamo, et con chi più prattichiamo. Ma, perche elle sono diffusamente scritte, da diversi autori Greci, Latini, et Arabi, pochi sono quelli che le intendono, et manco gli altri, che le procaccino intendere. Percioche, essendo la scienza una maestra, mediante lo studio della quale si suole acquistare poco frutto, più sono quelli, che rimangono con solo questo desiderio, che quegli altri, che il veggono adempiuto. Laqual cosa è cagione che si trova in molti huomini di giudicio, opinioni sciocche, et ridicule. Io adunque, considerando tutto questo, et desideroso di giovare tutti in quanto da me si potrà, accioche con poca fatica possano conseguire l'intento loro, come altre volte ho fatto, mi misi a tradurre la presente opera del Sig[nor] Alfonso di Fonte, la quale in breve somma contiene tutti i principali secreti della Filosofia Naturale, insieme con alcune parti di Astronomia, et Astrologia, et medesimamente di altre scienze, per essere così unite con queste, che non si può toccar l'una, senza che non suonino le altre. La qual opera essere V[ostra] S[ignoria] Illustriss[ima] di quella rarità, et virtù, che sa, et conosce il mondo, et ancora per satisfare in parte all'obligo nel quale mi ha messo la sua gran bontà, mi è paruto di mandar in luce sotto il suo chiarissimo nome per che mi rendo certo, che le sarà portato quel rispetto, che ella merita. Però supplico all'Illustr[issima] S[ignoria] V[ostra] sia contenta di riceverla con allegro volto et con quella sua solita grandezza et generosità d'animo con che suole ricevere le cose picciole, che le vengono offerte, donando all'incontro con grande liberalità altre maggiori: percioche questo mio servitio non è altro che un picciol segno dell'affetione grande ch'io di gran tempo in qua porto al suo molto valore, non altrimente che ad un chiaro, et invitto Heroe, nel quale risplendono tutte quelle virtù, che Homero esalta in Ulisse, che per non parere troppo affettionato ora le taccio. Sogliono quelli che le opere loro dedicano a gli huomini illustri far mentione, et celebrare nelle epistole che scrivono le più chiare virtù ch'in essi risplendono: nel che fanno bene: ma in questo io mancherò, non già perché non habbia suggetto da ragionarne; et dirne molto, ma perché questa materia ricerca altro ingegno, et una penna più saggia di quel che la mia è, oltre che nel libro che della vita, et fatti del Signor Don Ferrante Gonzaga, di santa et gloriosa memoria, che già composi, vi ho soddisfatto, raccontando le prodezze di quel Signore, et il valore de gli Heroi della Illustrissima Casa Gonzaga, dalla quale (sia detto senza adulatione) sono usciti molti eccellentiss[imi] Principi, Reverendiss[imi] Cardinali, et sapientissimi Capitani, come consta per le Historie de' loro fatti. Benché le virtù che nella S[ignoria] V[ostra] Illustriss[ima] risplendono, così d'intorno alla fortezza del corpo come anco alla grandezza, et valore dell'animo sono tante, et così chiare a tutti, non solo nella nobilissima città di Mantova patria sua, ma ancora in questa illustriss[ima] città di Venetia, et in Spagna, et in Italia: per lo che degnamente V[ostra] S[ignoria] è amata da tutti; et avuta in quella stimatione che merita, che non fa mestiero replicarle, et come cosa superflua lascio di farlo.
Ma per tornar al mio proposito dico, che se la S[ignoria] V[ostra] Illustriss[ima] farà quel che le supplico nel modo che l'hanno fatto i Principi, et altri Signori a chi per il passato ho raccomandate le altre mie fatiche, mi sarà sommo favore, et mi darà causa di farle maggior servitio come il disiderio mio è, oltre che V[ostra] S[ignoria] farà cosa degna dell'animo suo cortese, magnanimo, et liberalissimo. In Venetia il XX. di Marzo. MDLXVII.

(2)
Al Serenissimo Re don Filippo d'Austria Nostro Signore.
Sacra Catolica Regal Maestà.

Una delle cose, che communemente gli huomini più disiderano intendere, et sapere, sono i dolci segreti della natural Filosofia, per esser ella madre Universale di tutto quel, che si produce, et mediante laquale acquistiamo tutti quei beni, che in questo mondo habbiamo. Percioche, ancorche questi si compartano, per dispensatione della divina mano, il segreto dellaqual cosa è incognito a noi, il mezo per ilquale li acquistiamo è la natura. Et non senza cagione il disideriamo per esser tutte queste cose con che trattiamo, et maneggiamo, et a chi più communichiamo. Ma, perché sono difusamente scritte, per diversi autori Greci, et Latini, et Arabi, pochi sono quelli, che le intendeno, et manco gli altri, che le procacciano intendere. Percioche, essendo la scienza mediante lo studio, dellaqual si suol acquistare poco frutto, molti più sono quelli, che rimangono con solo questo disiderio, che quelli, ch'l veggono adempiuto. Laqual cosa è cagione, che si trova in molti huomini di bonissimo giudicio opinioni sciocche, et ridicule. Io adunque, considerando tutto questo, et che mediante questo picciol servigio, tutti la potrebbeno conseguire con facilità, et poca fatica, sprezzai la mia volontà, atteso, che non è stata picciola audacia, per ridurre in breve somma tutti i principali segreti della Filosofia Naturale, insieme con alcune parti di Astronomia, et Astrologia, et medesimamente di altre scienze, per essersi così unite con queste, che non si può toccar l'una, senza che non suonino le altre. Et questo, ancorche sia stata opera di non picciola fatica, si come giudicheranno quelli, che sanno bene ciò, che lo scrivere costi, quel, che più ho io sentito in questo, è stato con la imaginatione, dell'audacia mia, volerla dedicare a Vostra Maestà, per esser opera di sì poca importanza, uscita dalle mani d'un huomo del quale si ha sì poca notitia. Questo mi fece stare alcuni dì suspeso, et all'ultimo ricordandomi esser opera di scienze, con le quali Vostra Maestà dalla sua pueritia ha sì stretta amicitia, et cognitione, et che dice Oratio, che'l vaso novo salva perpetuamente l'odore della cosa, con che prima fu occupato, presi alcun'animo per essere io guidato da' Padrini, co' quali Vostra Maestà ha tanta conversatione. Mediante iquali supplico Vostra Serenità a ricever questo picciolo servigio insieme con l'animo mio. La qual cosa conseguendo, riputarò premio d'ogni mia fatica; percioche da questo mi risulterà, che io alzerò il mio intelletto, et impiegarlo, accioche con altro di più importanza sia servita Vostra Maestà. La cui Catolica vita, et potentissimo stato Nostro Signor Dio prosperi lungamente nel suo santo servigio.
Di V[ostra] Maestà humilissimo servo
Alfonso di Fonte.

(3)
Prologo
S[ua] C[atolica] M[aesta]

Una delas cosas que comunmente todos los hombres: mas desseamos entender et alcançar, son los dulces secretos: dela natural philosophia por ser como es universal madre de todo lo que se produze: y mediante ella adquirimos todos los mas bienes que en este mundo posseemos, porque caso que estos se repartan: por dispensacion dela divina mano (el secreto delo qual es a nosotros innoto) el medio por donde lo alcançamos es naturaleza, y no sin causa lo desseamos por ser todas estas cosas con quien siempre tratamos, y entre las manos traemos y a quien mas comunicamos / pero por estar muy difusamente escriptas y por muy diversos auctores latinos y griegos, y arabes: pocos las entienden, y menos son los que las procuran entender: porque como sea sciencia mediante el estudio dela qual se suele adquirir muy poco provecho: muchos mas son los que se quedan con solo este desseo que losque lo veen cumplido: lo qual da ocasion de hallarse en hombres de muy buen entendimiento: opinones muy rediculas, yo considerando todo esto, y que mediante este pequeño servicio, todos la podrian alcançar: con mucha facilidad, y poco trabajo: desencogi mi voluntad, puesto que no fue pequeño atrevimiento para reduzir en una breve summa: todos los principales secretos: de philosophia natural: juntamente con alguna parte dela astronomia: y astrologia: y assí mismo de otras sciencias: por ser tan unidas con esta: que no se puede tocar a la una que no suenen las otras: y esto aunque fue obra de no pequeño trabajo: lo qual remito a los que saben lo que el escrivir cuesta. El que mas he sentido: en esto ha sido con la ymaginacion, de mi atrevimiento: quererla dirigir a vuestra alteza: por ser obra de tan poca calidad: y yo de hombre de quien tan poca noticia se tiene. A causa estuve algunos dias suspenso, mas representandoseme ser obra de sciencias: con las quales vuestra alteza: desde sua infancia: tiene tan estrecha comunicacion y conoscimento. Y que dize Oracio que el vaso nuevo guarda perpetuamente el olor dela cosa con que primero lo ocupan: tome algun alivio por llevar padrinos con quien vuestra alteza tiene tanto conversacion: mediante los quales suplico a vuestra alteza reciba este pequeño servicio con la voluntad que se le ofrece: lo qual sera no poco premio de mi trabajo: porque de aqui seguirà levantar mi entiendimento: y emplearlo: para que con otros de mas calidad sea servido vuestra alteza. Cuya catolica vida, y muy poderoso estado nuestro señor prospere y augmente a su sancto servicio.




Nota

Nel 1567 escono a Venezia, per i tipi di Domenico Farri, Le sei giornate del S. Alfonso di Fonte.1 Si tratta del volgarizzamento di una serie di dialoghi tra un viaggiatore toscano in visita a Siviglia e un «gentil'huomo della medesima città», che sulle rive del Guadalquivir si intrattengono per sei giorni sulla natura dell'uomo, degli angeli e degli astri, del mondo e degli elementi, dei moti planetari e delle fasi lunari, e, ancora, sui motivi dell'alternarsi delle stagioni e sulle meteore (le piogge, la neve, i lampi, i fulmini et al.), sui venti, sui terremoti, sugli arcobaleni. L'opera sembra indirizzata soprattutto ai medici, giudicando necessaria al buon esercizio della loro professione la conoscenza dei principi fondamentali della filosofia naturale. L'ultima giornata è dedicata principalmente a loro: nel sesto giorno, infatti, il Toscano e Vandalio (l'interlocutore così chiamato in omaggio alla Vandalia, antico nome dell'Andalusia) parlano della generazione e delle parti del corpo umano.

L'opera di Alfonso de Fuentes, che la Biblioteca Hispana Nova di Nicolás Antonio celebra come cavaliere esperto di storia sacra e profana e poeta,2 era stata pubblicata da Juan de Leon nel 15453 e tradotta una prima volta a cura di Alfonso de Ulloa nel 1557. Di questa prima traduzione,4 si era fatta menzione nello scorso numero di questa stessa rivista, poiché le dediche dell'autore e del traduttore in essa contenute sono tra quelle che compaiono nella raccolta di dediche di Comino Ventura (Bergamo 1603, rispettivamente cc. 19v-20v; 23v-26v, cfr. «Margini», 6, 2012). È proprio dal confronto tra le due diverse edizioni in volgare e l'originale spagnolo, che risulta evidente un interessante intervento di Ulloa sui testi di dedica.

Personaggio di spicco per lo scambio culturale tra Italia e Spagna a metà Cinquecento, traduttore prolifico, tra i principali fautori della penetrazione di grandi autori della poesia italiana in terra iberica, da Petrarca ad Ariosto, Ulloa è autore egli stesso di testi di vario argomento. Nell'edizione del 1557, editorialmente più vicina all'originale, Ulloa premette alla dedica di Fuentes una dedica propria, al Patriarca di Aquileia Giovanni Grimani (datata 1557), in cui si sofferma su importanza e criteri della traduzione.5 Non così per l'edizione del 1567, quella di cui si è riprodotta in apertura la dedica, il primo dei testi che presentiamo.6 Già il titolo mostra la volontà di offrire il prodotto editoriale in forma nuova: non più una traduzione letterale, con aggiunta la sola menzione della suddivisione in sei dialoghi, ma l'accattivante riferimento alle «Sei giornate», il cui argomento muove dalle «materie di filosofia» - laddove prima si parlava di «cose fisiche» - per ampliarsi, ancora una volta, alle scienze astronomiche e astrologiche, alla conoscenza dell'anima e delle parti del corpo umano.7 In questo modo già nel titolo entrambe le edizioni possono presentarsi rispettivamente come opera «novellamente» tradotta «di spagnolo in volgare» nel primo caso, e «nuovamente di lingua Spagnola tradotte» nel secondo. In effetti le due edizioni mostrano alcune varianti a livello testuale già nell'inserimento degli argomenti e nella definizione della scansione interna,8 ma questa sorta di 'manipolazione' editoriale risulta ancor più evidente da quanto accade nei testi introduttivi, ed è su questo che vorrei brevemente richiamare qui l'attenzione. Nell'edizione 1567 infatti, la dedica di Alfonso de Fuentes, originario autore del testo, viene omessa. Gran parte del testo che la costituisce viene però 'travasato', per così dire, nella dedica del volume che Ulloa indirizza a Federico Gonzaga.9

Il confronto con l'originale e con la sua traduzione nel volume del 1557 mostra chiaramente che si tratta di due traduzioni successive, diverse per alcuni usi grafici, per alcune scelte lessicali e per soluzioni strategiche in alcuni casi del tutto autonome:10 Ulloa ritraduce la dedica in spagnolo di Fuentes impossessandosene e investendo così la sua attività di mediatore di una funzione autoriale che ben rispecchia il suo modo di intendere la 'paternità' del testo, frutto dell'ingegno dell'autore in primis, ma anche della penna del traduttore che se ne fa divulgatore e interprete. Il segno paradigmatico di questa operazione si riscontra nel passo che è al tempo stesso l'apice di questo simbolico incrociarsi di funzioni e il punto di svolta tra le considerazioni generali introduttive e la seconda parte della dedica, in cui Ulloa riprende il ruolo che gli è proprio. Dopo aver lamentato le difficoltà di seguire il profilo di una scienza disseminata tra i testi greci, latini e arabi, e aver indicato in questo stato di cose uno dei motivi delle opinioni «sciocche, et ridicule» che uomini anche non privi di ingegno si trovano ad abbracciare, ripercorrendo il testo della dedica a Filippo II, Ulloa inserisce il motivo che lo ha spinto a intraprendere la sua impresa: «Io adunque, considerando tutto questo [...]» (rr. 16-17). Esattamente la stessa formula - che si distanzia peraltro nella struttura della frase dalla versione dell'originale (cfr. rr. 100-10) - era stata adibita nella traduzione della dedica del Fuentes (cfr. rr. 65-66), che intendeva così giustificare l'audacia del suo tentativo di ridurre in breve la conoscenza della natura (cfr. rr. 65-70). Ulloa si appropria di questa stessa formula specificando l'operazione traduttiva che gli è propria (cfr. rr. 18-19), ma mantenendo il pronome di prima persona e ripercorrendo il testo originale fino alla metafora che conclude il passo (cfr. rr. 21-22).11 Di lì in poi la dedica al Gonzaga si sviluppa autonomamente, intessendo come di consueto le lodi del dedicatario e della sua famiglia - ciò che permette a Ulloa di far menzione della sua Vita di Ferrante Gonzaga, pubblicata a Venezia pochi anni prima.12

L'intera operazione rappresenta un'occasione interessante per arricchire, da una prospettiva paratestuale, la riflessione sul rapporto tra autore e volgarizzatore: percorsi incrociati che mettono in evidenza il delicato rapporto tra originale e traduzione, tra l'autore e il traduttore, suo 'mediatore culturale'.

A. L. P.




Note

1 Le sei giornate del S. Alfonso di Fonte. Nelle quali oltre le materie di Filosofia, s'ha piena cognizione delle scienze, Astronomia, & Astrologia: dell'Anima, & della Notomia del corpo humano. Nuovamente di lingua Spagnola tradotte dal S[ignor] Alfonso Ulloa. Con Privilegio, In Vinegia, Appresso Domenico Farri, M.D.LX.VII. torna su
2 Bibliotheca Hispana Nova sive Hispanorum scriptorum qui ab anno MD. ad MDCLXXXIV floruere notitia. Auctore D. Nicolao Antonio Hispalensi I.C. [...] Nunc primum prodit recognita emendata aucta ab ipso autore, Tomus Primus, Matriti, Apud Joachimum de Ibarra Typographum Regium, MDCCLXXXIII, pp. 24-25. torna su
3 Questa è la data indicata nella Bibliotheca dell'Antonio, mentre il testo da me consultato è datato 1547: Suma de philosophia natural, enla qual assí mismo se tracta de Astrulugia y Astronomia, y otras sciencias. En estilo nunca visto, nuevamente sacada. Por el magnifico cavallero Alonso de Fuentes. Dirigida ala S.C.M. del Principe Don Phelipe n[uest]ro señor. Con privilegio Imperial, 1547. torna su
4 Somma della natural filosofia di Alfonso di Fonte diuisa in dialoghi sei, ne' quali, oltra le cose fisiche, s'ha piena cognitione delle scienze, astronomia, et astrologia, dell'anima, et della notomia del corpo humano, nouellemente tradotta di spagnuolo in volgare da Alfonso di Ulloa. Con la tauola delle cose piu degne, che in essa si leggono, In Venetia, per Plinio Pietrasanta, 1557. La traduzione ebbe un certo successo, tanto da venir ristampata nel 1558 e nel 1559 sempre a Venezia, «All'insegna del Nettuno». Sull'attività editoriale di Ulloa cfr. C. Di Filippo Bareggi, Il mestiere di scrivere. Lavoro intellettuale e mercato librario a Venezia nel Cinquecento, Roma, Bulzoni, 1988, in particolare pp. 36; 81-84; 225-28. torna su
5 Rispetto alla dedica dell'autore, un dato da sottolineare sia dal punto di vista traduttologico sia nella prospettiva delle consuetudini di dedica è l'aggiornamento dei titoli del dedicatario tra versione originale e traduzione. Se Fuentes, in quello che definiva il suo «Prologo», si rivolgeva alla «S.C.M. del Principe Don Phelipe nuestro Señor», come recitava la dedica inclusa nel titolo (cfr. nota 3), dieci anni dopo, e con l'abdicazione di Carlo V, a Filippo II è toccata la corona di Spagna e Ulloa ripropone l'offerta del dedicante al «Re don Filippo d'Austria Nostro Signore» (cfr. r. 56). torna su
6 Vengono riprodotti, nell'ordine: la dedica di Ulloa a Federico Gonzaga delle Sei giornate 1567; la traduzione della dedica di Alfonso de Fuentes dal volume della Somma della natural filosofia del 1557; la versione originale della dedica d'autore dal volume della Summa de philosophia natural del 1547. torna su
7 Per le intestazioni cfr. i titoli completi riportati alla nota 1 e alla nota 4. torna su
8 Oltre il vistoso cambio di dicitura nella suddivisione interna dell'opera (i «dialoghi» divengono infatti «giornate»), l'edizione del 1567 presenta l'argomento in testa ad ogni nuova sottopartizione. Almeno nel primo caso (Dialogo I, Giornata prima) l'incipit presenta delle varianti significative, cfr. rispettivamente p. 1 e c. 2r.torna su
9 Per l'entità di questo 'travaso' testuale cfr. rr. 5-22; 55-70. torna su
10 Tra queste, da segnalare sono, per esempio, le varianti nel confronto tra i rr. 5-6 e 55; 7 e 57; 8 e 57-58; 9-10 e 58-59; 11 e 60; 13-14 e 62-63; 16 e 65; 17-18 e 65-67. torna su
11 Da un punto di vista strettamente traduttivo il passo è interessante per la forzatura cui Ulloa sottopone il volgare nel riprodurre la metafora, che nell'originale presenta il verbo 'tocar' nel senso proprio di suonare, sostituito in volgare con 'toccare', che richiede un salto immaginativo più audace. torna su
12 Vita del valorosissimo e Gran Capitano Don Ferrante Gonzaga, Principe di Molfetta, &c. Descritta dal Signor Alfonso Ulloa. Nella quale oltre i suoi fatti, et di molti altri Principi et Capitani, si descrivono le guerre d'Italia, et d'altri paesi. Cominciando dall'Anno M.D.XXV. dove il Guicciardini finisce le sue storie, fino al M.D.LVII. Con Privilegio, In Venetia, appresso Nicolò Bevilacqua, 1563. Il volume era stato dedicato a Cesare Gonzaga. torna su