1, 2007
 
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Saggio

Maria Antonietta Terzoli

Dediche leopardiane I: infanzia e adolescenza (1808-1815)

Il saggio si applica a uno dei più significativi scrittori italiani, indagandone comportamenti e scelte nella pratica dedicatoria, e mostrando su un caso esemplare l'efficacia teorica e operativa di tale approccio, nonché le potenzialità esegetiche ad esso connesse. Passando in rassegna i vari testi, il saggio indaga l'uso sofisticato che uno scrittore così consapevole della tradizione e insieme così innovativo può fare di uno strumento altamente codificato come la dedica. Il numero delle dediche leopardiane è relativamente esiguo rispetto a quello di altri scrittori contemporanei: circa una ventina, comprese quelle delle scritture puerili, numericamente prevalenti, e quelle collettive, firmate con i fratelli tra il 1808 e il 1810, e stampate in testa a opuscoli familiari. La concentrazione nei primi anni è segno di un rapporto complesso con questo genere di scritture e di un progressivo allontanamento dalla pratica dedicatoria, con tempi paralleli alla presa di distanza ideologica e letteraria dall'educazione familiare. Tra le dediche dei primi anni e quelle della maturità si assiste al passaggio da una sperimentazione variegata a una notevole omogeneità di forma. Se all'inizio il giovanissimo autore compone anche dediche in versi (per giunta in vari metri) e in varie lingue (italiano, francese, latino, con citazioni in greco), come a tentare molteplici possibilità espressive, a partire dal 1815 ricorre a dediche molto omogenee: per lo più di tipo epistolare, in prosa e in italiano. Una scelta selettiva e anomala rispetto alla tendenza generale degli anni successivi al 1815, quando prevalgono le dediche epigrafiche. L'analisi delle dediche leopardiane mostra che si tratta di testi nel senso più complesso del termine: dove le scelte lessicali e stilistiche, la posizione delle parole nella frase e la costruzione argomentativa tendono all'estremo le potenzialità espressive consentite da una forma rigida e da un lessico oltremodo ristretto. L'ampiezza di un campo per molti aspetti inesplorato e la mole dei risultati raccolti hanno suggerito di dividere la ricerca in più parti: una prima, che qui si pubblica, introduttiva e relativa alle dediche dell'infanzia e dell'adolescenza (1808-1815), una seconda e una terza, che usciranno nei prossimi numeri, relative agli anni della giovinezza e della maturità (1815-1831).


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Saggio

Sara Garau

Tra paratesto e testo. Dediche nell'opera di Ippolito Nievo

Il saggio analizza le dediche nell'opera di Nievo tra il 1852 e il 1860, non tutte pubblicate dall'autore, per la mancata pubblicazione o del testo cui sono premesse o della dedica stessa. Pur non essendo molto numerose, sono di notevole interesse sia per la loro diversificazione tipologica - dediche in versi o in prosa, dediche a personaggi reali (cui l'autore è legato da vincoli sempre privati), dediche a entità astratte - sia sul piano funzionale, dove la dedica non è mai semplice omaggio al dedicatario (e anzi può segnare la rottura con la donna amata), ma partecipa a meccanismi più complessi, anch'essi diversificati. Qui in particolare sarà da notare il valore prefatorio e quasi programmatico di certe dediche (anche in versi), nonché il frequente correlarsi tra paratesto e testo, per cui il dedicatario può addirittura essere evocato nel racconto a lui intitolato.


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Saggio

Anna Bellato

Sui testi con destinatario effimero in Fantoni

Le raccolte di poesie di Giovanni Fantoni recano solitamente una dedica per l'intera opera e dediche per i singoli componimenti. Ma l'atteggiamento di Fantoni riguardo a questa prassi è peculiare, in quanto il poeta, principalmente nelle dediche alle poesie, non esita a cambiare i destinatari nel corso del tempo. Il saggio cerca di chiarire le motivazioni di questa particolarità di Fantoni. Le sue dediche si possono definire effimere perché legate a cambiamenti che sono strettamente connessi alla vita del poeta. I mutamenti che stanno alla base della sostituzione dei destinatari rendono evidente quanto la prospettiva di Fantoni sia riferita sempre al presente, tanto più importante del passato da consentirgli di superare le convenzioni e permettergli di cambiare i dedicatari delle sue poesie ogni volta che lo ritiene opportuno.


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Saggio

Guido Pedrojetta

Dai margini al centro: la poetica barocca (ancora sulla Fischiata XXXIII di Giovan Battista Marino)

La ricostruzione puntuale della pretesa dichiarazione di poetica di Giambattista Marino (È del poeta il fin la meraviglia) mostra l'importanza rivestita dai "margini" nella lettura e interpretazione di un testo: nella fattispecie, il prelievo di contenuti condensati nel celebre endecasillabo, da una lettera dello stampatore (preposta a un testo di un poeta avversario, La creazione del mondo di Gaspare Murtola, 1608) è stato in un certo senso rimosso, o sottoposto a coperture tali da oscurare la pertinenza dei termini essenziali della formula. Il presente contributo ribadisce che il senso del verso-manifesto mariniano va capovolto e riportato alla sua valenza originaria, di indole squisitamente ironica; donde una scarsa applicabilità del criterio fondato sullo stupore alla poesia del Marino, e un'ancora più scarsa possibilità di generalizzarlo alle poetiche del barocco.


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