6, 2012
 
Saggi    
 
Abstract


Roberto Lauro

Una questione riemersa: un testo di Ruggiero Bonghi sulla dedica de La educazione di Parini



La questione
Composta nel 1764, tra la pubblicazione de Il Mattino (1763) e Il Mezzogiorno (1765), La educazione di Giuseppe Parini è tradizionalmente (e legittimamente) ricondotta per quanto riguarda la dedica al conte Carlo Imbonati (1753-1805). Lo ricordano, quasi ritualmente e senza alcuna esitazione, tutte le edizioni commentate delle Odi comparse nel Novecento,1 da quelle scolastiche e divulgative a quelle scientificamente più accreditate. La nota di curatore sul dedicatario contiene di solito anche un riferimento alla circostanza della composizione, avvenuta in occasione dei festeggiamenti dell'undicesimo compleanno («Oggi l'undecim'anno / Gli porta il sol, […] vv. 33-36) e della contemporanea guarigione dell'Imbonati da una lunga malattia («Pur or cessò l'affanno / Del morbo ond'ei fu grave», vv. 31-32), presumibilmente il vaiolo. L'ode figura infatti tra i componimenti più celebri dell'opera pariniana non solo per ragioni strettamente formali e contenutistiche, ma anche per la fortuna che l'Imbonati, di cui l'abate Parini fu precettore dal 1763 al 1768, ebbe come personaggio e/o dedicatario. Superfluo ricordare che nel 1806 Manzoni compose il carme In morte di Carlo Imbonati, che dedicò alla madre Giulia Beccaria, con il desiderio di lenirne le sofferenze per la morte del compagno: il giovane Manzoni finge di dialogare in sogno con l'Imbonati e di riceverne l'insegnamento morale sulla scia del magistero pariniano, proponendosi così in una linea di continuità ideologica e morale con uno dei più illustri maestri della tradizione lombarda.
Una situazione meno definita e rassicurante sul dedicatario de La educazione doveva aversi, tuttavia, nell'Ottocento, tanto da farsi strada, sia pur per poco tempo, una diversa proposta di attribuzione. Basterà anticipare, per ora, che le edizioni ottocentesche delle Odi (spesso inglobate in edizioni dai titoli più generali - Versi, Poesie, Liriche ecc.) non presentano, fino all'inizio degli anni ottanta, informazioni precise, univoche su chi sia il «[…] giovinetto / mia cura e mio diletto» (vv. 29-30). Per essere più chiari, fino al 1846 le edizioni si caratterizzano per un diffuso e in certo qual modo sospettoso silenzio: il fatto che nessuna di esse accenni all'Imbonati non è certo una prova che la sua identità fosse scontata. Poi, dal 1846, le acque cominciano a inquinarsi, nel senso che si fa largo un'altra, sia pur infondata, proposta di attribuzione. Se al generale silenzio delle edizioni del primo Ottocento si aggiunge l'assenza di indizi espliciti nei versi pariniani, dove non compare mai il nome «Imbonati», ecco che sussistono le condizioni sufficienti per la nascita di una falsa attribuzione. La questione costituisce un esempio di come un errore possa perpetuarsi, per passiva ripresa negli anni, dando vita a un filone eretico, a parte, sorretto esclusivamente dall'autorità del suo (involontario) iniziatore. In questo quadro, per ora sommariamente abbozzato, si situa il saggio di Ruggiero Bonghi (1826-1895), che offriamo in questa sede (cfr. Appendice) nella sua redazione autografa. Esso discute l'ipotesi - ben anticipata dall'analiticità del titolo2 - che La educazione potesse avere come dedicatario non il conte Carlo Imbonati, bensì il marchese Febo d'Adda (1772-1836), allievo di Parini e destinatario a sua volta di un'altra ode, Alla musa (1795). Il saggio bonghiano è databile tra la fine degli anni ottanta e l'inizio degli anni novanta dell'Ottocento, ma l'ipotesi di attribuzione al d'Adda risale ad alcuni decenni prima: fu lanciata in origine (senza allegare prove e dunque in modo del tutto fugace) da Giuseppe Giusti (1809-1850) nel Discorso introduttivo alla sua edizione dei Versi e Prose di Parini, uscita nel 1846:3 Nelle case ove fu precettore si contenne con dignità e trattò con amore paterno e con pia sollecitudine i giovinetti che gli furono affidati, sdegnoso forse tuttavia del giogo bestiale che rammentava d'aver patito egli stesso nei queruli recinti Ove l'arti migliori e le scïenze
Cangiate in mostri e in vane orride larve,
fan le capaci vôlte eccheggiar sempre
Di giovanili strida
Che modi tenesse nell'educare lo dicono i versi a Febo Di Adda, alunno carissimo: Torna a fiorir la rosa,
che pur dianzi languia;
dai quali apparisce che egli non era di quei maestri che s'inalberano della vivacità, dell'irrequietezza, della propensione a folleggiare propria dei fanciulli; nei quali il muoversi e il mutarsi da una cosa ad un'altra, è necessità di fibra e d'animo che si svolgono.4 Non si sa, a dire il vero, quale sia la ragione di questa ri-attribuzione: se un semplice errore, una persuasione fondata su testimonianze manoscritte (cosa alquanto improbabile) o su una diversa tradizione orale. Se da un lato Giusti non adduce alcuna argomentazione in suo sostegno, dall'altro non fa minimamente cenno a un errore da cui discenderebbe la tradizione sull'Imbonati. E, quanto alla sua proposta, non mostra alcun segno di esitazione: si tratta di un elemento incidentale che però avrà inaspettate ripercussioni sulla divulgazione ottocentesca dell'ode. Tutto lascerebbe pensare - secondo Bonghi - a un errore da parte di Giusti, il cui Discorso critico-biografico su Parini sarà ammirato e ripreso dalle successive generazioni di lettori. È proprio facendo leva sul prestigio delle pagine giustiane che l'asserzione en passant sulla dedica al d'Adda riceverà credibilità e ascolto. La proposta di attribuzione viene accolta e discussa - come vedremo - da altri commentatori e lettori delle Odi. Tra questi figura lo storico e antropologo abruzzese Antonio De Nino (1833-1907),5 il primo a porre esplicitamente, in una sede apposita, il problema dell'attendibilità dell'ipotesi giustiana.6 Studioso estremamente prolifico ed eclettico, con velleità di poeta,7 De Nino ha pubblicato anche lavori linguistici e critico-letterari,8 pur essendosi occupato prevalentemente di tradizioni popolari e costumi della sua terra. A questi interessi letterari è da ricondurre il suo intervento sulla questione pariniana, che funge da controcanto a quello bonghiano. Rinviando per maggiori dettagli all'Appendice, è proprio De Nino a sollecitare per via epistolare nel 1887 l'intervento di Bonghi sulla questione. Quest'ultimo gli invierà il saggio qualche anno dopo, con la libertà di pubblicarlo. I due interventi danno vita così a una discussione sulle pagine della «Rivista abruzzese di Scienze e Lettere» del gennaio 1892, ma in una forma particolare: l'articolo di Bonghi è incastonato in quello di De Nino, che funge così da cornice alle riflessioni del suo corrispondente. De Nino si ostina a difendere con argomenti tutt'altro che convincenti l'attendibilità della dedica al D'Adda, quasi come conseguenza di un atto di fede nell'autorità di Giusti. Egli infatti prova a ribattere punto per punto le riflessioni di Bonghi con risultati veramente modesti, dimostrando oltretutto di non conoscere l'edizione delle Odi di Filippo Salveraglio, fondata sullo studio delle carte pariane, che aveva messo da parte qualsiasi dubbio sulla dedica dell'ode. Con argomenti senz'altro più persuasivi, Bonghi riesce a smontare in pochissime pagine l'ipotesi giustiana, facendo ricorso sia a testimonianze biografiche (la sua conoscenza diretta di Manzoni) sia a riflessioni critico-letterarie. Rinviando per le argomentazioni alla lettura, preme dire che il saggio risulta suggestivo anche perché, in un sol colpo, con disinvoltura e concisione, tira in ballo personalità di rilievo della cultura sette-ottocentesca, quasi a formare un'involontaria galleria: Parini, Imbonati, Febo d'Adda, Manzoni, Cantù, Giusti, De Nino, Salveraglio, De Gubernatis sono riuniti tutti insieme in poche pagine. La posta in gioco della discussione è significativa: la querelle Bonghi-De Nino presuppone infatti la dicotomia Manzoni-Giusti: il problema è capire quale delle due autorità sia più credibile. Premesso ciò, non ci soffermeremo tanto sugli attori principali della polemica (Bonghi e De Nino), quanto piuttosto sulla sua trama, provando a ricostruire il contesto storico e le condizioni filologiche che hanno fatto sorgere la proposta di attribuzione e la successiva discussione. La questione presenta infatti un complicato antefatto.

Stratigrafie pariniane La discussione sulla dedica de La educazione suscita inevitabilmente alcune domande: perché nel corso dell'Ottocento si insinua il dubbio che l'ode non fosse dedicata a Carlo Imbonati? Qual è lo scenario culturale in cui nasce questa ipotesi? E, soprattutto, come circolavano le Odi? Il fatto che Giusti, seguito da De Nino e prima ancora da altri commentatori, sia incorso in un simile errore di attribuzione e che questo errore abbia stimolato l'intervento correttorio di Bonghi si può capire solo considerando alcuni momenti della tradizione manoscritta e a stampa delle Odi. Il sollevamento della questione, in sé non rilevantissima, tanto da non lasciare tracce nella più recente storia della critica e filologia pariniane, è legato a doppio filo a come nell'Ottocento si leggevano le Odi. É importante - a nostro avviso - non tanto la questione in sé, quanto capire cosa si celi dietro di essa, di quale scenario culturale sia sintomatica. Non staremo perciò a indugiare più di tanto sulle argomentazioni bonghiane, direttamente fruibili dal testo, ma sul loro retroscena storico-filologico. La educazione riflette infatti nel suo microcosmo l'intricata storia editoriale delle Odi e la loro complessa tradizione manoscritta, sulla quale cominciò a fare chiarezza proprio in quegli anni (1881) il lavoro filologico di Filippo Salveraglio,9 al quale Bonghi fa costante riferimento. Occorrerà pertanto fare un passo indietro e provare a ripercorrere un tratto di storia della filologia pariniana, che è quanto invocano a modo loro Bonghi e De Nino, manifestando l'esigenza di una verifica degli autografi pariniani per risolvere la questione dell'attribuzione della dedica. Volgiamo dunque l'attenzione alla stratigrafia dell'ode. Il testo de La educazione, così come si offre nelle edizioni delle Odi approvate in vita dall'autore (Gambarelli 179110 e Bolzani 179511) e nelle successive (Reina 1801-1804,12 Bernardoni 1814,13 Silvestri 1822,14 Giusti 184615 ecc.) fino al 1881, non presenta alcun riferimento diretto all'Imbonati. Se nelle edizioni ottocentesche l'assenza dell'originario titolo-dedica, attestato dagli esemplari più antichi dell'ode, è giustificata dalla non fruibilità in quegl'anni delle carte pariniane, qualche interrogativo suscita, invece, la reiterata assenza di una nota di curatore che faccia luce sull'identità del destinatario, sebbene esistesse una vulgata all'interno della cerchia manzoniana che riteneva l'ode indirizzata all'Imbonati. La prima apparizione del componimento coincise con l'uscita dell'editio princeps delle Odi (1791), la già ricordata edizione Gambarelli: a differenza di altre liriche, l'ode in precedenza non era mai stata stampata singolarmente e neppure inserita in sillogi accademiche o giornali letterari.16 La princeps, riprodotta dopo quattro anni dall'edizione Bolzani,17 riporta, a proposito del dedicatario, nella sezione "Indice delle Odi" posta in coda al volume, solo questa semplice e, al contempo, vaga notizia: «Composta molti anni sono, per la salute ricuperata dal figlio di un colto e savio Cavaliere, a cui l'Autore professò stima ed amicizia distinta».18 La nota è puntualmente ripresa dalla stampa Bolzani e dalle ristampe successive.19 L'assenza di qualsiasi riferimento all'Imbonati in entrambe le edizioni non riesce a spiegarsi facilmente, anche perché le altre odi sono quasi tutte accompagnate da note molto meno evasive. Indicativa potrà essere a tal proposito la decisione del poeta di non pubblicare mai singolarmente la lirica: La educazione sembrerebbe destinata infatti sin dalle origini a essere avvolta in un alone di discrezione e riservatezza. E anche il silenzio delle edizioni Gambarelli e Bolzani è destinato a non rimanere un fatto episodico. A distanza di pochi anni infatti, il più prestigioso editore ottocentesco delle Opere di Parini, Francesco Reina, non si regolava diversamente. Il secondo volume della sua edizione, Poesie liriche, dove sono raccolte le odi con altre composizioni (sonetti, canzonette, frammenti), non aggiunge alcuna ulteriore notizia sul dedicatario de La educazione. Anzi, Reina si premura addirittura di rimuovere la generica notizia sul destinatario delle edizioni Gambarelli e Bolzani. Sebbene per altre odi Reina non si astenga dal fornire notizie sui destinatari, nel caso de La educazione la sua preoccupazione è esclusivamente filologica, nella misura in cui si limita a fornire nelle note solo indicazioni circa le diverse lezioni dei passi riscontrate nei manoscritti, peraltro con criteri decisamente arbitrari e contaminatori. Come dimostra Isella, diversamente da quanto il curatore vuole far credere, l'edizione Reina rispecchia solo in parte la volontà dell'autore, contrariamente alle edizioni Gambarelli e Bolzani.20 Il fatto che in quest'ultime il nome «Imbonati» non compaia né nel titolo, né in una dedica a parte, né in una nota esplicativa significa che Parini intendeva mantenere volutamente un velo d'ombra sul destinatario e sganciare il più possibile il componimento dalla sua occasionalità e referenzialità storica, secondo una strategia di astrazione temporale che riguarda la costruzione dell'intero libro delle Odi.21 Ma, al di la di ciò, non sapremmo dire se alla base di questo "gran rifiuto" ci fosse una ragione storica o biografica particolare. Comunque siano andate le cose, un dato è certo: la dedica all'Imbonati è un elemento che non doveva (più) rientrare nei piani del poeta, allorché questi si accingeva a organizzare con l'allievo Gambarelli la princeps del 1791. Altro dato certo è la discrezione con cui quest'ode venne gestita in rapporto alla dimensione pubblica, essendo stata tenuta nel cassetto fino al 1791, fatta eccezione per una strettissima circolazione d'elite. E ancora: il fatto che neppure Reina faccia cenno alla dedica e al dedicatario è quanto meno sorprendente:22 Reina, infatti, forte della libertà con cui operò sui testi pariniani e della arbitrarietà con cui attinse ai manoscritti, non si lasciò mai sfuggire in altri casi l'occasione di rivelare il nome del destinatario sul quale Parini aveva preferito mantenere il silenzio. E addirittura nei casi in cui non era noto, Reina non esitò ad avanzare ipotesi di attribuzione, come avvenne per La recita de' versi, che supponeva diretta a Paola Castiglioni,23 dedicataria de Il dono. Il silenzio di Reina dà adito ad alcune ipotesi: o Reina non era in possesso dei manoscritti che, come vedremo, attestano la dedica dell'ode, oppure, contrariamente alla sua condotta generale, preferì rispettare fino in fondo la volontà dell'autore di tacere sul destinatario. Questa volontà appare ancora più chiara se si confrontano i titoli con cui l'ode è consegnata ai diversi testimoni pariniani. I manoscritti, autografi e non,24 che riportano l'ode sono tutti anteriori all'edizione Gambarelli. L'ordinamento riprodotto rispecchia il loro avvicinamento cronologico alla stampa del 1791: Ambr. III 10, cc. 5-7: Pel Sig.r Contino Carlo Imbonati, che si ristabilisce d'una pericolosa malattia, ed oggi compie gli 11. anni di sua vita;

Ambr. III 3, cc. 39-41: Pel Sig.r Contino Carlo Imbonati, che si ristabilisce d'una pericolosa malattia, ed oggi compie gli 11. anni di sua vita / Torna a fiorir la rosa;

Ambr. III 3, cc. 82-84: Replica con alcune correzioni fatte dall'autore Pel Sig.r Contino Imbonati, che si ristabilisce / Torna a fiorir la rosa;

Ambr. III 8, cc. 155-162: Ode;

Ambr. II I h, cc. 33-36: senza titolo (vv. 1-120);

Miscellanea Morbio 17, cc. 54-59: Per la salute ricuperata Da Nobil Garzone Canzone.25
La fase di elaborazione dell'ode più vicina all'edizione Gambarelli è quella consegnata alla Miscellanea Morbio 17,26 conservata alla Biblioteca Nazionale Braidense, a differenza della maggioranza dei manoscritti pariniani, custoditi alla Biblioteca Ambrosiana.27 Dalla successione cronologica dei testimoni è possibile notare come avvenga, nel percorso di avvicinamento alla lezione della Miscellanea Morbio 17 e di lì all'edizione Gambarelli, una sorta di "spersonalizzazione" del titolo-dedica, da cui viene gradualmente espunto il riferimento al destinatario. Inizialmente si ha infatti: Pel Sig.r Contino Carlo Imbonati, che si ristabilisce d'una pericolosa malattia, ed oggi compie gli 11. anni di sua vita (Ambr. III 10, attestante lo stato di elaborazione più antico dell'ode). Fa seguito una fase "ibrida" in cui all'intitolazione originaria si accoda il verso incipitario Torna a fiorir la rosa (Ambr. III 3). Si passa poi a redazioni, per così dire, "non caratterizzate": la prima reca un'intitolazione di genere (Ode: Ambr. III 8), mentre la seconda è addirittura anepigrafa (Ambr. II I h). Dopo queste attestazioni "anonime" si giunge infine al più generico titolo-dedica Per la salute ricuperata Da Nobil Garzone Canzone (Miscellanea Morbio 17), che segna tra l'altro il temporaneo passaggio da Ode a Canzone. Pur essendo il testimone più tardo dell'ode, la Miscellanea Morbio 17 non ne riproduce il titolo definitivo. La educazione, infatti, non compare in nessuno dei manoscritti citati. Non si tratta, però, di un fatto esclusivo: la novità del titolo definitivo rispetto alla tradizione manoscritta e a stampa è un elemento che caratterizza, come vedremo, anche altre odi e che testimonia la volontà dell'autore di creare un qualcosa di nuovo con il libro delle Odi rispetto a quanto scritto e pubblicato negli anni precedenti. Detto ciò, interessa rilevare soprattutto che il titolo-dedica della Miscellanea Morbio 17 Per la salute ricuperata Da Nobil Garzone Canzone ha comunque una funzione nel lavoro editoriale degli anni novanta, essendo parzialmente ripreso nella nota esplicativa delle edizioni Gambarelli e Bolzani, che funge da dedica anonima: «Composta molti anni sono, per la salute ricuperata dal figlio di un colto e savio Cavaliere, a cui l'Autore professò stima ed amicizia distinta». La successione temporale dei testimoni permette di assistere, dunque, alla "smaterializzazione" del titolo-dedica e al "disconoscimento" del legittimo destinatario. Tale processo evolutivo indicherebbe la volontà del poeta di emancipare La educazione, nei limiti del possibile, dalla sua occasionalità, conferendole con il nuovo titolo un valore eticamente più alto e un significato più generale, che meglio rispecchiasse il contenuto pedagogico dei versi. Quand'anche poi si fosse trattato di una scelta non ponderata o apparsa in seguito poco convincente, Parini avrebbe potuto rimediare con l'edizione Bolzani del 1795: cosa che non avvenne.28 Se la strategia pariniana di destoricizzare i componimenti, nell'intento di realizzare un libro che risultasse unitario e omogeneo,29 può essere proficuamente adattata alla dedica de La educazione, può valere fino a un certo punto a spiegare l'atteggiamento generale del poeta nei riguardi dell'istituto della dedica. Esaminando (attraverso Isella) la stratigrafia delle odi confluite nelle edizioni Gambarelli e Bolzani, poco si impiega a capire che questa strategia non ha valenza di legge. La tendenza a spogliare le odi dei loro riferimenti contingenti si accompagna a una serie di dati che registrano un atteggiamento opposto, una "controtendenza": buona parte delle odi mantengono, infatti, la dedica originaria. Nel complesso è dunque possibile riscontare due "movimenti" fondamentali nel trattamento delle dediche: uno di tipo conservativo, l'altro di tipo innovativo. Entrambi sono giustificati, grosso modo, da elementi interni al testo o da fattori di volta in volta mutevoli. Il primo atteggiamento si riscontra, per esempio, nelle odi L'innesto del vaiuolo, Il bisogno, La Laurea, La magistratura, In morte del maestro Sacchini, Il dono, La gratitudine e A Silvia. Proseguendo con modifiche poco rilevanti quanto stabilito nelle precedenti stampe dei singoli pezzi o quanto riportato in alcuni testimoni manoscritti, queste composizioni mantengono la dedica spesso in forma di sottotitolo: «L'innesto del vaiuolo | al dottore | Giammaria Bicetti de' Buttinoni»,30 «Il bisogno | al Sig. Wirtz | pretore per la Repubblica Elvetica»,31 «La magistratura / per / Camillo Gritti / pretore di Vicenza nel 1787»,32 «In morte / del maestro Sacchini»,33 «Il dono / per la Marchesa / Paola Castiglioni»,34 «La gratitudine / per Angelo Maria Durini / Cardinale».35 Per alcune di esse i titoli (La magistratura, Il dono, La gratitudine), sovrapposti alla dedica, compaiono per la prima volta solo nella stampa Gambarelli, come tentativo di elevare i testi a un più alto "coefficiente" etico e ideologico: pertanto le dediche costituivano in origine i titoli veri e propri. Per altre odi invece il titolo definitivo comincia a profilarsi, sotto forma di spia lessicale, già all'interno della dedica, come per L'innesto del vaiuolo, che ha il seguente titolo-dedica in Ambr. II I a, testimone più vicino alla princeps del 1791: «Al Signor Dottore Giovammaria Bicetti De' Buttinoni che con felice successo eseguisce, e promulga l'Innesto del Vajuolo Canzone di Giuseppe Parini».36 Il bisogno presenta invece, nella sua marcia di avvicinamento all'edizione Gambarelli, le seguenti intitolazioni: «Sul bisogno Canzone» (Miscellanea Morbio 17) e «Il bisogno Ode» (Ambr. III 3).37 Soprattutto per L'innesto è possibile notare come il titolo definitivo venga enucleato dalla dedica. Riprendendo il filo del discorso, un caso a parte in questo primo gruppo è costituito da La Laurea. Essa conserva sì la dedica rispetto alle precedenti redazioni, ma, anziché come sottotitolo, in una nota esplicativa in coda al volume: «Nell'atto appunto del conferirsi la Laurea dall'Università di Pavia alla Signora Pellegrina Amoretti l'anno 1777, vennero distribuite e sparse delle copie di questa Ode, che in seguito fu poi ristampata più volte».38 In verità, tale nota non rimpiazza propriamente la dedica, ma è deputata a ricordare innanzitutto l'occasione per cui l'ode era stata composta, sottintendendo che l'Amoretti ne fosse la dedicataria. A ogni modo, la dislocazione della dedica, in questo caso, potrebbe essere stata incentivata dal fatto che Parini non cita nel testo la destinataria, pur indicandone per due volte la terra natale («Oneglia», v. 105 e 161): ciò consentiva al testo di aspirare, per quanto possibile, a un valore e a un'identità indipendenti rispetto all'originaria destinazione. Bisogna segnalare, inoltre, che il titolo del componimento, oltre a scalzare la dedica, subisce un'ulteriore spersonalizzazione: nel manoscritto cronologicamente più vicino alla princeps passa, tramite correzione, da «La Laureata» a «La Laurea».39 Un cenno a parte richiede anche A Silvia, che, facendo leva sulla genericità del nome della dedicataria, conserva l'originario titolo-dedica. Allo stesso modo sembrano comportarsi le odi "gemelle" Piramo e Tisbe e Alceste,40 rivolte allo stesso anonimo destinatario, rispettivamente con le formule «Ad uno improvvisatore» e «Al medesimo».41 In tutti e tre i casi la non identificabilità del destinatario permette di conservare la fisionomia originaria della dedica. La sensazione generale è che, nei casi fin qui illustrati, Parini conservi le dediche anche perché i testi risultano intrinsecamente vincolati ai loro destinatari d'origine, in virtù della loro funzione marcatamente encomiastica. In altri termini, Parini lascerebbe intatte le dediche per la forte caratterizzazione personale ed encomiastica dei componimenti, oltretutto "marchiati" dalla citazione in corpo al testo dei nomi dei rispettivi dedicatarii (cfr. L'innesto del vaiuolo, Il bisogno, La magistratura, In morte del maestro Sacchini, La gratitudine). Inutile dunque rimuovere la dedica, se il dedicatario sarebbe riapparso nei versi mediante apostrofe o altro: intervenire sui luoghi in questione avrebbe significato innescare inoltre una reazione a catena di modifiche, che avrebbero finito col destabilizzare struttura e contenuto dell'ode. Se la dedica, dunque, non è necessariamente vincolata all'encomio del dedicatario (cui può essere indirizzato un testo che abbia un valore più alto e non lo chiami direttamente in causa come "attore"), queste odi mirano, dal canto loro, all'elogio del destinatario come esempio di virtù, liberalità e ingegno. Fatta eccezione per L'Innesto (1765) e Il Bisogno (1766), composte alla fine del cosiddetto periodo civile, si tratta di componimenti elaborati tra gli anni settanta e novanta, e appartenenti alla fase della maturità. É l'elemento personale, l'esempio individuale a innescare più che in precedenza l'enunciazione del discorso morale. Al contrario le odi civili della militanza nell'Accademia dei Trasformati sono quelle meno legate, sia in origine sia in seguito, alla specificità del destinatario, avendo una più ariosa proiezione e vocazione civile. Il secondo atteggiamento, di innovazione nei riguardi della dedica, è riscontrabile, oltre che ne La educazione, in Le nozze, Il pericolo, Per l'inclita nice e Alla musa. Tutte queste odi, almeno in una delle loro redazioni precedenti (manoscritte o a stampa) recano la dedica, che verrà puntualmente soppressa nell'edizione Gambarelli, con procedure lievemente differenti per ognuna. Le nozze, per esempio, costituiscono un caso veramente singolare. Composte in pochissimo tempo, furono pubblicate a Verona nel 1777 in una miscellanea nuziale, Per le nozze de' nobili signori Marchese Carlo Malaspina e Contessa Teresa Montanari. Tale ubicazione fa sì che l'ode, pur non avendo di proprio una dedica, acquisti de facto quella collettiva della raccolta.42 Tuttavia alla soppressione della dedica collettiva nell'edizione Gambarelli si aggiunge un altro elemento significativo. Le nozze rappresentano uno dei rari casi in cui il poeta rimuove dai versi il nome del destinatario,43 quello di Teresa Montanari (la sola a essere esplicitamente menzionata nelle redazioni precedenti), in modo da allontanare l'ode, ancor più che con la semplice omissione della dedica, dalla sua referenzialità originaria, secondo il procedimento finora illustrato. Se, come crediamo, la menzione del dedicatario in corpo al testo è stata, per le composizioni precedenti, un deterrente efficace all'eliminazione della dedica, Le nozze sono le uniche a forzare questo vincolo, punto di forza della tendenza conservativa descritta sopra. Si tratta, a tutti gli effetti, di un intervento straordinario, che non ha corrispettivi nella storia evolutiva delle Odi. Isella specifica a tal proposito che le soppressioni onomastiche de Le nozze «trovano rigoroso riscontro nel quadro del comportamento sistematico del Parini che, al momento di dare un assetto definitivo alle sue Odi, volle rescinderne tutti gli agganci occasionali per trasporle in un tempo assoluto».44 Il pericolo, dal canto proprio, presenta un'evoluzione meno marcata, ma comunque significativa. Il suo percorso di avvicinamento alla Gambarelli è assimilabile a quello de La educazione. La dedica è presente nella redazione di Ambr. III 8 («Alla N. D.na Cecilia Tron»), ma è ben presto destinata a sfumare in una formula più impersonale sia nella Miscellanea Morbio 17 («per N. D. Veneziana Ode»)45 sia nella stampa sul «Giornale poetico» del 1789 («Dama veneta giunta in Milano Ode»).46 La dedica viene definitivamente espunta nell'edizione del 1791,47 probabilmente perché indirizzata a una gentildonna che, con la sua grazia, aveva suscitato nell'animo del poeta un inaspettato trasporto:48 Parini decide di optare così per il titolo metaforico (senza dedica) Il pericolo, che non ha attestazioni nella tradizione manoscritta dell'ode, esattamente come avviene per La educazione e alcune delle odi illustrate in precedenza. La discrezione riservata a Cecilia Tron è usata anche per la dedicataria di Per l'inclita Nice: durante la preparazione dell'edizione Bolzani Parini si preoccupò che non fosse rivelato il nome della Contessa Maria Castelbarco, come testimonia una lettera dell'11 novembre 1793 a Giuseppe Bernardoni, curatore in factis dell'edizione del 1795.49 Rispetto a Il pericolo la decisione si presenta però come un ravvedimento, visto che in una stampa immediatamente precedente del 1795 sull'«Anno poetico» era stata rivelata l'identità della dedicataria col titolo-dedica «Alla signora contessa Castelbarco Ode».50 Pertanto, in entrambe le odi aventi destinatario femminile, Parini si lascerebbe guidare da un cortese riserbo. Proseguendo con l'analisi, Alla musa non smentisce quanto detto finora per le liriche di questo raggruppamento. Composta nel 1795, compare solo a partire dall'edizione Bolzani. Quest'ultima riproduce a sua volta una precedente stampa milanese, sempre del 1795, che non dà notizia della dedica a Febo d'Adda, contrariamente a quanto riportato in un esemplare manoscritto della lirica (Ambr. III 9). Anche colui che Giusti e De Nino credevano il destinatario de La educazione ha dunque la sua parte nel nostro discorso, non essendo menzionato nell'ode a lui indirizzata, sebbene l'eliminazione della dedica sia attutita dalla conservazione del suo nome nel testo («Tutto il mio d'Adda, e di mie cure il pregio» v. 54). Esclusa dall'edizione Bolzani, la dedica a Febo d'Adda verrà poi ripristinata in nota nell'edizione Reina; lo stesso avverrà per le dediche de Il pericolo e Per l'inclita nice. Le uniche a non rientrare in questa "strategia restauratrice" del Reina sono Le nozze, escluse dal canone, e appunto La educazione. Proprio la reticenza di Parini su La educazione dà da pensare: quanto meno lascia trapelare il sospetto che il poeta avesse una regione specifica per non menzionare più l'Imbonati, al di là della strategia, più volte ricordata, di modellare i testi sull'asse sincronico, tagliandone i riferimenti storici. Se nelle altre odi l'assenza del nome del destinatario nel testo favorisce, ribadiamo, l'espunzione della dedica e il suo ripristino nell'edizione Reina, non riusciamo a trovare una ragione per cui lo stesso procedimento non avrebbe dovuto valere anche per La educazione, che neppure Reina si preoccupa di "restituire" al legittimo destinatario, lasciandola così sospesa in un'aura di indeterminatezza. La cosa non è da poco se si tiene conto del fatto che l'editore aveva accesso ai manoscritti del poeta; e proprio questo silenzio dell'edizione Reina condizionerà, in virtù della sua esemplarità, la ricezione ottocentesca dell'ode.

Dopo l'edizione Reina Abbiamo constatato come le Odi obbediscano sul piano paratestuale a un duplice movimento. Da un lato Parini conserva le dediche, tenendo ancorati i componimenti all'asse diacronico: questo avviene soprattutto per le odi della maturità (anni '80-'90), scritte per personaggi pubblici illustri (Gritti, Durini, Wirtz, Sacchini), la cui esemplarità e autorevolezza spiana la strada alla delineazione del discorso etico pariniano. Dall'altro, il poeta mette in atto un processo di "destoricizzazione", di disancoramento dal reale, rimuovendo, ove possibile, i riferimenti ai dedicatarii e intervenendo in casi straordinari anche sui versi (Le nozze). Questa tensione verso la sincronia è espressione di una strategia ideologica più generale, votata a conferire una sostanziale omogeneità e unità al libro delle Odi mediante l'eliminazione dei riferimenti occasionali. Proprio La educazione rappresenta un esempio emblematico di questo movimento sincronico delle Odi. Ma cerchiamo di capire, dopo questo excursus sul sistema delle Odi, cosa avviene dopo Reina nella tradizione e ricezione de La educazione. All'edizione Reina fa seguito nell'Ottocento una cospicua mole di edizioni delle opere di Parini, che contribuisce a consolidare il mito del poeta lombardo.51 Le Odi circolano sia come libro autonomo sia inserite, integralmente o meno, in edizioni più ampie delle Opere, delle Poesie, dei Versi e prose, delle Poesie liriche e di raccolte riportanti altri titoli. Fino al 1881 si riproducono, quanto a ordinamento e canone, le edizioni Gambarelli e Bolzani, ma più frequentemente le edizioni Reina e Bernardoni, con novità testuali minime. Per essere più precisi, il mercato librario fino al 1814 ristampa per lo più Reina, con sporadici ritorni alle Gambarelli e Bolzani. Poi, con l'uscita dell'edizione Bernardoni nel 1814 (Poesie scelte), si apre un altro fronte: tale edizione introduce alcune novità per quanto riguarda il canone e l'ordinamento dei testi;52 si snoda così da questo momento un nuovo filone nella tradizione a stampa delle Odi: la Bernardoni sarà riprodotta infatti da Silvestri (1821) e da successivi editori. C'è chi, da ora, seguirà Reina e chi Bernardoni, sebbene non mancheranno edizioni eclettiche e ulteriormente contaminatorie: ad attuare una soluzione di questo tipo sarà, ad esempio, Giusti nel 1846, che verrà frequentemente ristampato nella seconda metà del secolo. Giusti innesterà infatti sull'edizione Reina le modifiche di Bernardoni riguardo all'ordinamento e al numero dei testi. Dagli autorevoli modelli di Reina e Bernardoni discende non solo la tradizione a stampa ottocentesca delle Odi, ma anche - e facciamo così ritorno al nostro problema - il silenzio sull'Imbonati. Come anticipavamo, le edizioni delle Odi fino al 1846 rivelano un dato estremamente significativo: nessuna riporta il titolo-dedica con cui l'ode è identificata nei manoscritti più antichi (Pel Sig.r Contino Carlo Imbonati, che si ristabilisce d'una pericolosa malattia, ed oggi compie gli 11. anni di sua vita) e neppure una nota di curatore che riveli l'identità del destinatario. Bernardoni, che per vari aspetti si distacca da Reina, gli resta invece fedele per il titolo (La educazione), come d'altronde lo stesso Reina aveva fatto con i suoi predecessori (Gambarelli e Bolzani), che nulla riferiscono in merito al dedicatario. E neppure coloro che ristampano Bernardoni (Silvestri, Ciardetti ecc.) apportano novità. Questo è quanto emerso dal nostro censimento delle edizioni delle Odi comparse fino al 184653 e di una parte delle stampe delle Opere e de Il Giorno contenenti le Odi. Pur trattandosi di una perlustrazione ancora parziale che andrà estesa alle varie antologie e raccolte poetiche, possiamo ritenere il dato già indicativo, perché ricavato dalle edizioni maggiormente in circolazione ed esemplate. Il silenzio sul dedicatario potrebbe avere in parte creato le condizioni per l'errore di Giusti e la sua perpetuazione in altre edizioni, oltre che la difesa di De Nino. Con ciò non si intende dire che la dedica a Imbonati fosse completamente ignota, ma che i principali strumenti di conoscenza dell'opera pariniana ne erano sprovvisti. Un'eccezione è costituita da alcune raccolte poetiche, saggi storico-letterari e opere di consultazione della prima metà dell'Ottocento. Anche in questo caso le testimonianze rinvenute non sono il frutto di una perlustrazione organica, ma di spigolature mirate. A dare notizia della dedica all'Imbonati è, per esempio, il commentario I secoli della Letteratura Italiana dopo il suo Risorgimento di Giambattista Corniani nella continuazione di Stefano Ticozzi, da noi consultato in un'edizione del 1833. Narrando la vita del poeta, Ticozzi ricorda che Parini «[...] fu costretto ad entrare in alcune famiglie in qualità di precettore, prima in quella de' Serbelloni, poscia nella Imbonati; e la gentile ode sull'Educazione "Torna a fiorir la rosa" fu diretta al suo egregio alunno Carlo Imbonati».54 La precisazione premurosa, anzi perentoria, fa sorgere il sospetto che la notizia non dovesse essere scontata al tempo. La sensazione è che, parlando di casa Imbonati, l'autore metta subito le mani avanti, animato dall'urgenza di fissare la notizia. La perentorietà dell'informazione testimonierebbe la volontà di chiarire una questione non ancora definita, su cui c'era probabilmente confusione. La seconda testimonianza sulla dedica, risalente all'anno successivo (1834), è contenuta in un saggio biografico su Manzoni di Charles Didier, pubblicato sulla «Revue des deux mondes» e in traduzione nel «Ricoglitore italiano e straniero» dello stesso anno. Si tratta, a dire il vero, di una nota che spiega incidentalmente chi era il maestro dell'Imbonati (cantato da Manzoni nel carme) e che ricorda l'ode a lui dedicata.55 Informazione, questa, che in altri casi sarebbe apparsa superflua, ma che nel silenzio generale sulla dedica a Imbonati assume un valore documentario diverso. La terza e ultima testimonianza ci è offerta da Cesare Cantù. Il passo in questione, che vedremo citato anche da Bonghi, compare dapprima nel 1832 nello scritto Parini e il suo secolo, posto in appendice a Sulla storia lombarda del secolo XVII;56 il passo poi è ripreso puntualmente in L'abate Parini e la Lombardia nel secolo passato del 1854, nella sezione Sul Parini e il suo secolo.57 Cantù afferma che il destinatario dell'ode era «quel desso che fu fortunato d'avere i suoi primi anni e la morte sua cantati dai due poeti milanese, che rappresentano l'ideale della poesia di due secoli».58 Tuttavia queste tre testimonianze non sono che eccezioni (non tenendo conto del carme In morte di Carlo Imbonati) al silenzio generale in cui è avvolto il dedicatario dell'ode, silenzio che conoscerà, di lì a poco, una spiazzante deviazione. La ricostruzione ci ha condotto, a questo punto, verso la metà del secolo, quando ha luogo una svolta. Essa è rappresentata, come più volte anticipato, dal Discorso introduttivo di Giuseppe Giusti all'edizione dei Versi e prose di Giuseppe Parini da lui curata. Comparsa nel 1846, l'edizione ha avuto una cospicua serie di ristampe nel corso del secolo, anche dopo la morte del poeta toscano. Il Discorso mette in atto, sia pur involontariamente, un depistaggio. L'attribuzione a Febo d'Adda della dedica dell'ode ha infatti un largo seguito negli anni successivi, non perché Giusti fornisca valide argomentazioni in suo sostegno, ma perché la proposta vive di luce riflessa, sfruttando la scia del prestigio delle pagine giustiane. Renderemo conto solo di alcune testimonianze della fortuna di questo errore, fortuna che dovrà essere approfondita, in altre occasioni, con un censimento più organico. Ad accogliere senza alcuna esitazione la proposta giustiana è un'edizione del 1871 de Il Giorno e scelte poesie liriche di Giuseppe Parini, a cura di I. Fabio Barnabita,59 che in nota al verso «Mia cura e mio diletto» specifica: «Questo giovinetto fu il Marchese Febo d'Adda». L'altra edizione che accenna all'attribuzione, etichettandola però come erronea, è quella a cura di Giovanni De Castro, Odi e poesie minori,60 del 1890. Il commentatore così dice a proposito de La educazione: «Alcuni credettero erroneamente (e tra essi il Giusti, nella Vita del Parini) che l'ode fosse diretta a Febo d'Adda, che fu pure scolaro del Poeta e per il quale fu scritta l'ode Alla Musa». Riflessi dell'ipotesi giustiana si hanno anche nella saggistica letteraria, ad esempio nel corposo Saggio delle poesie di Giuseppe Parini di Giovanni Maria Vitelleschi: «Nell'Educazione, il Parini rammenta prima in breve il ritornare delle forze e della vita nel giovinetto D'Adda, risanato poc'anzi da grave infermità». Il critico nel commento all'ode fa riferimento più d'una volta a Febo d'Adda, pur osservando in una nota che altri riconducono la lirica a Imbonati.61 Questa testimonianza ci fa giungere agli anni '80, nei quali la questione verrà praticamente risolta con l'avvio degli studi filologici su Parini. Del 1881 è infatti l'edizione Salveraglio delle Odi. Essa segna nel nostro caso, come nell'intera storia editoriale delle Odi, un punto di svolta fondamentale. Filippo Salveraglio è il primo a studiare con rigore filologico i manoscritti pariniani, all'epoca in possesso di Felice Bellotti, per l'allestimento della sua edizione. Ciò gli consente di portare alla luce quella dedica che lo stesso Parini aveva preferito non rivelare nelle stampe Gambarelli e Bolzani e che le successive edizioni (Reina, Bernardoni e rispettive ristampe) continuarono a tacere. La restaurazione della dedica avviene però in modo fin troppo invasivo. Infatti Salveraglio preferisce adottare la dedica, desunta dai testimoni più antichi dell'ode, come titolo: «Per la guarigione di Carlo Imbonati»; il titolo originario è così scalzato e posto tra parentesi (L'educazione) sotto la dedica, con l'aggiunta della data di stesura (1764). L'elemento occasionale soppianta, dunque, il titolo tradizionale. Si tratta però di una soluzione arbitraria sul piano formale, per quanto aderente al vero nella sostanza. Il nuovo titolo non è infatti la fedele riproduzione della dicitura di un manoscritto specifico, in cui Salveraglio avrebbe individuato l'ultima volontà d'autore. La soluzione sarà adottata da tutte le edizioni che seguiranno Salveraglio, fino a Novecento inoltrato.62 Pur scegliendo un titolo-dedica arbitrario, Salveraglio pone inconsapevolmente fine, con la rivelazione di questo dato, alla querelle su La educazione. E quando, nel 1887, De Nino chiede a Bonghi di intervenire, la questione è nei fatti già chiusa.

Appendice

Descrizione documento L'autografo è conservato nella sezione (IV) "Manoscritti" (parte «Letteratura e Critica») dell'Archivio privato Ruggiero Bonghi (busta 46, inc. 102),63 custodito presso l'Archivio di Stato di Napoli. È inserito, come gli altri documenti dell'Archivio, in una cartellina di cartoncino, di formato più ampio, recante su c. 1r. le seguenti annotazioni a matita dei curatori del fondo e dell'inventario:64 «102 | LETTER. | "L'ode del Parini L'Educazione è stata scritta pel Conte Carlo Imbonati, come dice Manzoni, ovvero pel marchese Febo D'Adda, come dice Giusti?" | Considerazioni sulla dedica dell'ode del Parini "L'educazione" | cc. 2». Si tratta di un foglio di carta di mm 460x280, piegato in due, secondo l'uso scolastico, a formare quattro facciate. La carta, con rigatura da computisteria, è di qualità mediocre. Il colore, presumibilmente bianco in origine, si presenta con ingiallimento tipico di una carta sottoposta all'usura del tempo. Il documento ha una vistosa piegatura orizzontale in corrispondenza della metà, che lacera il documento verso il margine destro di c. 1r. e c. 2r., non impedendo la lettura della parole interessate. Tale piegatura rende faticosa però la lettura del rigo centrale (XIII) di c. 2.v. I margini destri di c. 1r. e c. 2r. sono percorsi, inoltre, da piegature longitudinali. La numerazione delle carte, "1" e "2", è segnata a matita dai curatori del fondo, in alto a destra del recto di ogni carta. A c. 1r., a lato della numerazione, è segnata sempre dai curatori, anch'essa a matita, con punto interrogativo e sottolineatura, la data approssimativa del documento: 1884. A c. 2v. è vergata in senso longitudinale, lungo il margine sinistro lasciato libero, la parola Parini, di mano ottocentesca. Ogni facciata è interamente occupata dalla scrittura, con la particolarità che le ultime cinque linee di scrittura di c. 2v. sono compresse, con caratteri più piccoli, nello spazio di tre righi. La scrittura occupa i 2/3 di ogni facciata, lasciandosi a sinistra un ampio margine, dove si staccano i capoversi. L'inchiostro è di colore seppia e il ductus tende regolarmente a destra secondo l'uso calligrafico vicino al corsivo inglese tipico della "bella scrittura" dell'epoca. Il testo, scritto con un solo inchiostro, si presenta ben impaginato, con pochissime cancellature ed errori: i margini non ospitano, infatti, nessuna proposta di correzione o variante. Dovrebbe trattarsi, infatti, con elevate probabilità di una bella copia. In pochissimi punti è possibile ravvisare esitazioni e sviste, immediatamente corrette, tipiche di chi trascrive da una versione precedente o di chi trascrivendo interviene sul testo per migliorarlo. La mano è solo quella dell'autore, fatta eccezione per i casi segnalati.
Datazione e pubblicazione Il testo «L'ode di Parini l'Educazione è stata scritta pel Conte Carlo Imbonati, come dice Manzoni, ovvero pel Marchese Febo d'Adda, come dice Giusti?» compare nel 1892 sulla «Rivista abruzzese di Scienze e Lettere», non in forma di pubblicazione autonoma, ma come parte di un articolo a firma di Antonio De Nino. Questo dato ci consente di stabilire che l'autografo napoletano del saggio, ascritto dai curatori dell'Archivio Bonghi al 1884 circa, va sicuramente postdatato. De Nino infatti, introducendo l'intervento di Bonghi, dice di aver interpellato quest'ultimo per via epistolare65 sulla questione solo alla fine del 1887: «Prima di dire la mia parola, volli sentire, fra gli altri, come la pensava il Bonghi; e gliene scrissi nel dicembre 1887. Il valentuomo mi rispose, mettendo a mia disposizione le informazioni che riporto testualmente qui appresso». Dal momento che il fascicolo in questione della «Rivista abruzzese» è del gennaio 1892, la redazione del documento non può che collocarsi approssimativamente tra il 1888 e 1891. L'articolo-contenitore di De Nino, che reca un titolo pressoché identico («Per chi fu scritta l'ode del Parini sulla Educazione?»),66 si configura sostanzialmente come una serie di postille alle riflessioni di Bonghi, cui prova a ribattere punto per punto, con risultati modesti. Proprio in funzione di una discussione pubblica sembra pensato il contributo bonghiano, come testimonia l'incipit: «La risposta al quesito proposto dal Sign. De Nino…».67 L'edizione del saggio presenta, come illustreremo, alcuni refusi rispetto a quella autografa, dovuti per lo più a un'inesatta decifrazione di alcune parole e diversa collocazione dei segni d'interpunzione. Si tratta nel complesso di varianti formali, che non apportano modifiche sostanziali alle lezione autografa. Tuttavia, proprio in virtù di queste difformità riproduciamo in questa sede la redazione napoletana, che riflette più fedelmente la volontà dell'autore, segnalando in apparato sia le varianti formali sia le caratteristiche del manoscritto. La copia del saggio inviata a De Nino e da cui è stata ricavata la versione a stampa non ci è pervenuta. Niente ci fa pensare tuttavia che non possa essere identica a quella conservata all'Archivio di Stato di Napoli, considerando le discrepanze minime tra la stampa, che da quella deriverebbe, e il suddetto autografo. Segnaliamo in apparato con la sigla A l'autografo napoletano, con R l'edizione della «Rivista abruzzese di Scienze e Lettere».
Edizione del manoscritto (1884?) [c1r] L'ode di Parini l'Educazione è stata scritta pel Conte Carlo Imbonati, come dice Manzoni, ovvero pel Marchese Febo d'Adda, come dice Giusti?




5
  La risposta al quesito proposto dal Sig. De Nino, non potrebbe esser data in modo indubbio che da un autografo pariniano portante la dedica dell'Ode o altra indicazione, certa egualmente; e l'indagine per trovarlo dovrebbe farsi presso il Dr. Cristoforo Bellotti di Milano, professore appunto e geloso custode degli autografi del Parini; ma v'è ragione di credere che l'autografo dell'Ode: L'educazione o non ci sia, o non porti la prova suindicata, perché altrimenti ne avrebbe parlato l'egregio Filippo Salveraglio nel suo pregevolissimo volume: Le Odi dell'Ab. Parini, Bologna Nicola Zanichelli 1882), del quale sarà detto in seguito.

10
  Tuttavia gli argomenti per ritenere diretta l'Ode all'Imbonati sono parecchi e così convincenti, che non si sbaglia asserendo che, non Giusti, ma Manzoni è nel vero.





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1.
Citiamone alcuni.

Manzoni aveva 14 anni quando morì Parini nel 1799, ed egli che, come è notissimo, sapeva a memoria tutto il Giorno e che a 18 anni mandava al Monti il suo Idillio l'Adda con quella splendida quindicina di versi sul Parini, egli, dico, quando scrisse il Carme in morte dell'Imbonati, doveva ben conoscere la storia ancor fresca di tutte le poesie pariniane, nè poteva ingannarsi sulla dedica dell'Ode.



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  [c.1v.] Il solo dubbio l'avrebbe trattenuto dall'asserire la cosa, e l'averla poi detta in modo così sicuro nel Carme diretto a sua madre, intima dell'Imbonati, prova che nella Famiglia Manzoni, era ben accertata la circostanza che l'Educazione era stata scritta per l'Imbonati giovinetto, quando al giunger dell'undecimo suo anno era appena uscito di malattia: (il vajuolo.)
 
2.

Deve aver peso anche un'osservazione, dirò così, semplicemente letteraria, ed è che Manzoni, poeta, volendo richiamare il Parini nel suo Carme alla madre, non si sarebbe permessa la circolocuzione messa in bocca all'Imbonati:
25   ,,quei, che sul plettro immacolato
,,cantò per me: torna a fiorir la rosa,
se non fosse stato certo di riferirsi ad una circostanza di fatto così sicura e notoria, da destar subito nei lettori di quell'epoca la memoria appunto del Parini, senza nominarlo.

30

3.

Se Manzoni avesse preso equivoco nel ritenere indirizzata all'Imbonati l'Ode in discorso, non avrebbe taciuto in proposito nè il casato d'Adda, nè la critica da parte dei letterati all'uscir del Carme, e Manzoni che (prima del noto ripudio) ordinò pure e permise altre ristampe del Suo Carme, non avrebbe mancato di correggere un errore per avventura riconosciuto.

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4.

Del resto non si ha neppur notizia, che da chicchessia, (prima della diversa asserzione del Giusti) sia stato messo in dubbio che l'Ode fu scritta per l'Imbonati. Tutti gli editori e commentatori dell'Odi pariniane concordano col Manzoni. Sarebbe fatica lunga ed inutile venir qui a citazioni in [c.2r.] proposito. E questo consenso generale, incontrastato, durato dalla comparsa dell'Ode sino ad oggi (salva l'asserzione del Giusti), risulta quindi argomento fortissimo che accerta essere il Giusti incorso in un errore. Mentre ripeto che sarebbe inutile ogni citazione, a maggior prova, piacemi però richiamare il testimonio di due scrittori che fermarono la loro attenzione sull'Ode: il Cantù cioè e il De Gubernatis. Il Cantù nel suo libro L'Abate Parini e la Lombardia (Milano Giacomo Gnocchi 1854) a pag. 78 dice che il „giovinetto sua cura e suo diletto (cantato da Parini), era quel desso che fu fortunato d'avere i suoi primi anni e la morte sua cantati dai due poeti milanesi che rappresentano l'ideale della poesia di due secoli. - E il De Gubernatis nel suo Volumetto: Alessandro Manzoni (Firenze S. Le Monnier 1879) ripete più d'una volta che l'Educazione fu scritta per l'Imbonati, e vi aggiunge molte circostanze degne di nota (Pag. 32. 33. e in genere i Capitoli che trattano Il Manzoni ed il Parini, I primi amici ed il Carme autobiografico che volgono in parte sul Carme in morte dell'Imbonati.)




55




60

5.

Indubbia è la circostanza di fatto che l'Educazione fu tra le prime liriche del Parini in ordine di tempo; le si ascrive la data sicura del 1764. (Vedi Volume succ.° di Filippo Salveraglio) In quell'anno appunto il giovinetto Imbonati compiva gli undici anni; circostanze certa del pari perchè nato il 24 maggio 1753. Ben concorda quindi con essa quello che dice Parini: oggi l'undecim'anno - Gli porta il sol, soave, Scaldando con sua [c.2v.] teda i figliuoli di Leda. Siamo dunque precisamente in maggio, il mese della costellazione dei Gemelli, Castore e Polluce, i figliuoli di Leda. - E il Marchese Febo d'Adda in qual anno, in qual mese nacque? Nacque il 17 luglio 1772. (Famiglie notabili milanesi. Milano Vallardi). A quell'epoca quindi l'Ode era già scritta da Parini, e quanto al mese, certo nel luglio non domina la costellazione di Leda.



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75
  Ma dunque come ha potuto prendere equivoco il Giusti? È facile rispondere quando si rifletta che infatti il Febo d'Adda, come l'Imbonati lo Scotti, il Serbelloni e molti altri giovinetti specialmente di famiglia patrizia, fu fra quegli alunni suoi (nelle cui case egli fu chiamato come precettore; - era quindi facile cadere in un errore di nome, molto più che Parini ha pur dedicato a Febo d'Adda una lirica, quella Alla Musa, e per un caso anche in quella lirica c'è una frase che può aver concorso a creare un momentaneo equivoco, e cioè: Simile a rosa tutta fresca, che in qualche modo richiama il Torna a fiorir la rosa. E il Giusti preoccupato principalmente dal provare, in quella parte del discorso (Pag.a XLIX) in qual modo il Parini intendesse l'ufficio di precettore e di educatore in privato ed in pubblico, ritenne pel momento accessoria la circostanza della Dedica dell'Ode, e scrisse il nome che più presto gli si suggerì per le coincidenze suaccennate. Ma è a notarsi un fatto che deve lasciar supporre che Giusti l'avrebbe corretto l'errore. - L'Editore stesso del Discorso alla Pag. IX avverte ,,che l'Autore stava rivedendo e correggendo il Discorso, quando la morte lo spense, nè gli lasciò tempo di compiere il lavoro,, È certo che la più lieve attenzione nel correggere il discorso avrebbe fatto sparire l'errore in cui Giusti è caduto.


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  Ho citato più d'una volta qui sopra il Volume del Salveraglio. È importantissimo per la diligenza delle indagini fatte dall'Autore sulle Odi pariniane, e che si rivelano nella Prefazione e specialmente nelle Note che tengono dietro alle Odi. Nella nota sulla Educazione è detto apertamente che fu scritta per l'Imbonati, e si riferisce (se non ad un autografo del poeta) ai manoscritti (MS) dei suoi contemporanei visti dal Salveraglio stesso.


TITOLO-DEDICA Conte] conte R. | Carlo Imbonati] Carlo Imbonati R. | Marchese] marchese R. | Febo d'Adda] Febo d'Adda R. 1. proposto] proposta R. 2. dell'Ode] dell'ode R; interlinea A 5. L'educazione] L'educazione, R. 7. Zanichelli] Zanichelli, R. 9. così] cosi R. 10. sbaglia] sbaglia, R. | è] é R. 11. alcuni.] alcuni: R. 12. è] é R. 14. egli, dico,] egli dico, R. 16. nè] né R. | dell'Ode] dell'Ode R. 19. Famiglia] famiglia R. 21. malattia: (il vajuolo.)] malattia (il vajuolo). R. 24. circolocuzione] circonlocuzione R. 25. ,,quei] «quei R. 26. ,,cantò] «cantò R. 27. sicura] calcato, per più della metà, su "certa" A. Probabile si tratti di un ripensamento dovuto all'utilizzo del precedente "certo". 29. «E venerando il nome / fummi [...] di quel, che sul plettro immacolato / Cantò per me: Torna a fiorir la rosa. / Cui, di maestro a me poi fatto amico, / con reverente affetto ammirai sempre / scola e palestra di virtù» (In morte di Carlo Imbonati versi di Alessandro Manzoni a Giulia Beccaria sua madre, vv. 171-180 da Alessandro Manzoni, Poesie prima della conversione, a cura di Franco Gavazzeni, Torino, Einaudi, 1992, p. 195). 31. nè] né R. 32. Manzoni] Manzoni, A. Virgola cassata. 35. chicchessia,] chicchessia R. 36. stato messo] stata messa R. 37. Sarebbe] Sarebbero A. L'ultima sillaba è cassata. | ed] e R. 42. sull'Ode:] sull'ode: R. 42-43. il Cantù cioè] il Cantù, cioè, R. 44. Anticipa le virgolette basse che si trovano prima di giovinetto a che senza poi cancellarle: probabilmente si tratta di un errore di trascrizione. | ,,giovinetto] «giovinetto R. 45. (cantato da Parini),] (cantato da Parini) R. Anticipa, e anche in questo caso non cancella, la virgola che troviamo dopo la chiusura della parentesi. | fu] soprascritto a un'altra parola, non vergata per intero, che non si riesce a decifrare A. 47. Volumetto:] volumetto: R. | Firenze] Firenze, R. 48. 1879] 1889 R. 50. amici] amici, R. 51. Prima di "in" c'è un "al" cassato A. | dell'Imbonati.)] dell'Imbonati. R. 52. è] é R. | l'Educazione] l'Educazione R. 53. del] di R. | 1764.] 1764 R. 54. Salveraglio)] Salveraglio). R. | Prima di "gli" cancellato un altro "gli" A. 55. pari] pari, R. | perchè] perché R. | 1753] soprascritto a un'altra data A. | Con Ben] nuovo capoverso R. 57. il] soprascritto a "nel" A. 58. Leda. -] Leda. R. | Da E] nuovo capoverso R. 60. Parini,] anni, R. 62. dunque] e dunque R. Prima di "dunque" c'è una "c" cassata che anticipa il "come" immediatamente successivo A. 63. il Febo] Febo R. | l'Imbonati] l'Imbonati, R. | Serbelloni] Sertilloni R. 64. giovinetti] giovanetti, R. | fu] inizialmente furono, condizionato dalle precedenti parole al plurale A. | suoi] in interlinea con segno di inserimento nel rigo A. 66. Alla Musa,] Alla musa, R. 67. in quella lirica] in quella R. | aver] avere R. 68. cioè: Simile a rosa tutta fresca,] cioè simile a rosa tutta fresca, R. 68-69. che in qualche modo richiama il Torna a fiorir la rosa.] in qualche modo richiama il torna a fiorir la rosa. R. In A il segno di interpunzione era inizialmente un punto e virgola, di cui l'autore ha cancellato la virgola, lasciando il punto che era stato vergato in corrispondenza del rigo di scrittura. 70. Pag.a] pag. R. 72. dell'Ode,] dell'ode, R. | coincidenze] incidenze R. 73. è] é R. 74. Il primo punto è calcato sopra una virgola A. | Discorso alla Pag. IX] discorso, sulla pagina IX R. | ,,che] che R. 75. Discorso,] discorso, R. | nè] né R. 76. lavoro,,] lavoro». R. 77. è] é R. 78. Ho citato] Fu citato R. | È] É R. 79. dall'Autore sulle Odi pariniane,] dall'autore sulle odi pariniane R. 80. Prefazione e specialmente nelle Note che tengono dietro alle Odi.] prefazione e specialmente nelle note che tengono dietro alle odi. R. 80-81. sulla Educazione è detto] sull'Educazione é detta R. 82. contemporanei] contemporanei, R.



  Riproduzione del manoscritto


R. L.







Note

1 Citiamo alcune delle edizioni consultate: G. Parini, Odi e sonetti, a cura di E. Allodoli, Torino, Utet, 1944; G. Parini, Poesie, con uno studio di G. Mazzoni, Milano, Istituto Editoriale Italiano, Classici Italiani Vol. xxii, s.d.; G. Parini, Le Odi, Il Giorno e poesie minori, annotate da G. Mazzoni, Firenze, Barbèra, 1940; G. Parini, Opere, a cura di G. Petronio, Milano, Rizzoli, 1957; G. Parini, Il Giorno e Le Odi, introduzione e note di S. Orlando, Milano, Fabbri, 1998. Per le citazioni ci serviremo di G. Parini, Le Odi, edizione critica a cura di D. Isella, Milano-Napoli, Ricciardi, 1975.torna su
2 «L'ode del Parini L'Educazione è stata scritta per Conte Carlo Imbonati, come dice Manzoni, ovvero pel marchese Febo D'Adda, come dice Giusti?».torna su
3 Citeremo da G. Giusti, Discorso a Versi e prose di Giuseppe Parini, con un discorso di G. Giusti intorno alla vita e alle opere di Lui, Napoli, G. Argenio, 1856. Alla princeps del 1846, uscita presso l'editore Le Monnier, fanno seguito diverse ristampe negli anni successivi.torna su
4 G. Giusti, Discorso cit., p. XLIV.torna su
5 Per le notizie sulla vita e produzione culturale di Antonio De Nino cfr. Dizionario Biografico degli Italiani, vol. xxxviii, 1990, s. v. La voce è di D. V. Fucinese.torna su
6 «[…] questa curiosità è venuta anche a me; anzi pare che a me sia venuta per prima, non trovandone fatto cenno anteriormente da altri» (De Nino, Per chi fu scritta l'ode del Parini sulla Educazione, in «La Rivista abruzzese di Scienze e Lettere», VII, 1, 1892, pp. 22-31; la citazione è da p. 23.torna su
7 A. De Nino, Versi, Macerata, Vessillo delle Marche, 1869. torna su
8 Segnaliamo, tra i lavori di Antonio De Nino che attengono all'ambito letterario, Briciole letterarie, Lanciano, R. Carabba (raccolta nella quale non c'è traccia della questione pariniana); e tra quelli che riguardano l'ambito linguistico Errori di lingua italiana che sono più in uso, Firenze, Brogi, 1866; Aggiunzioni alle grammatiche della lingua Italiana, Milano, Trevisini, 1877; Vecchi amori grammaticali e filologici, Casalbordino, De Arcangelis, 1885.torna su
9 Le Odi dell'Abate Giuseppe Parini, riscontrate su manoscritti e stampe con prefazione e note di Filippo Salveraglio, Bologna, Zanichelli, 1882. La prima edizione è del 1881, riveduta e corretta dalla ristampa del 1882. Per la ricostruzione della tradizione manoscritta e a stampa delle Odi si rinvia a D. Isella, Introduzione a G. Parini, Le Odi cit., pp. XV-LXII, riferimento indispensabile per la stesura di queste pagine. I primi risultati dell'Introduzione di Isella sono anticipati nel saggio Il libro delle Odi pariniane, in «Studi di filologia italiana», xxv, 1967, pp. 197-210. torna su
10 Odi dell'abate Giuseppe Parini già divolgate, Milano, Marelli, 1791 (meglio nota come edizione Gambarelli, l'allievo di Parini che ne curò la preparazione dietro la supervisione del maestro: per approfondimenti sulla figura dell'allievo-curatore cfr. Isella, Introduzione cit. p. XXXII n. 2). All'edizione milanese hanno fatto seguito immediate ristampe, a Parma e a Piacenza, che ne riproducono fedelmente testo e note (cfr. Isella, Introduzione cit. p. XIX). Abbiamo consultato nel corso di questo lavoro, per effettuare riscontri, la ristampa Odi dell'abate Giuseppe Parini già divolgate, Parma, Nel Regal Palazzo, 1791.torna su
11 Odi di Giuseppe Parini. Ultima edizione accresciuta, Milano, Bolzani, 1795 (curata nei fatti da Giuseppe Bernardoni). Sulle edizioni Gambarelli e Bolzani cfr. Isella, Introduzione cit., pp. XIX-XXIV. A queste due edizioni fa seguito l'edizione Pirola del 1799, introvabile a detta di Isella (cfr. Isella, Introduzione cit., p. XXXVI).torna su
12 Le Odi sono inserite nel secondo dei sei volumi dell'edizione Reina: G. Parini, Opere, pubblicate ed illustrate da F. Reina, volume II (Poesie liriche), Milano, Stamperia e Fonderia del Genio Tipografico, 1802. Per maggiori informazioni sull'edizione Reina rinviamo, oltre che a Isella, Introduzione cit. pp. XXIV-XXXVI, allo studio di W. Spaggiari, Francesco Reina editore del Parini, in ID., L'eremita degli Appennini. Leopardi e altri studi di primo Ottocento, Milano, Unicopli, 2000, pp. 133-172, che postdata di un anno l'uscita del primo volume dell'edizione: 1802.torna su
13 Poesie scelte di Giuseppe Parini, Prima Edizione Milanese, Milano, G. Bernardoni, 1814.torna su
14 Opere di Giuseppe Parini milanese, vol. I, Milano, G. Silvestri, 1821.torna su
15 Sono numerose le edizioni ottocentesche delle opere di Parini, Odi incluse. Le stampe di quest'ultime seguono, per quanto riguarda il canone e la lezione dei passi, pochi modelli, dando vita in taluni casi a soluzioni eclettiche e contaminatorie: «Intorno alle altre stampe delle Odi, fatte dopo il 1802, è inutile spendere molte parole. Esse non sono che riproduzioni dal più al meno fedeli di quelle tre principali [Gambarelli, Reina, Bernardoni]. Quelle uscite tra il 1802 e il 1814 riproducono l'edizione reiniana. Dopo il 1814 alcune si attengono ancora al Reina, altre seguono il Bernardoni, alcune cercano di conciliare le due, una sola (Parma, Paganini, 1817, in 8°) ritorna puramente e semplicemente al Gambarelli. L'edizione del Silvestri (Milano, 1821, in 8°) non è che una copia di quella del Bernardoni, riprodotta parecchie volte a Milano e altrove; quella del Ciardetti (Firenze 1823, in 4°) citata dal Brunet, quelle pubblicate dal Reina nel 1825 (Milano, Classici Italiani, in 8°) e nel 1826 (ibid. in 16°) le tre del Bettoni (Milano, 1824, 1832 e 1833, tutte in 8°) e quella del Le Monnier (Firenze 1846 in 8°) curata dal Giusti si attengono alla prima edizione del Reina, pure accogliendo i cambiamenti recati dal Bernardoni nel numero e nella disposizione delle odi. Segue, finalmente, l'edizione del Bernardoni pur tenendo conto del testo reiniano l'edizione del Barbèra (Firenze, 1868, diam.) curata da Giosuè Carducci» (F. Salveraglio, Prefazione a Le Odi dell'Abate Giuseppe Parini cit., pp. LXII-LXIII). torna su
16 Cfr. la «Tavola delle edizioni» di Isella per le stampe singole delle odi (Cfr. Isella, Introduzione cit., pp. LIX-LXV).torna su
17 Si differenzia dalla precedente per l'aggiunta delle ultime tre odi scritte da Parini e per le correzioni apportate ai testi: cfr. Isella, Introduzione cit., p. XXIII.torna su
18 G. Parini, Le Odi cit., p. 61 - apparato.torna su
19 La nota è ripresa, per esempio, in Odi di Giuseppa Parini, Milano, Stamperia di P. Agnelli in S. Margherita, 1816. torna su
20 Cfr. Isella, Introduzione cit., pp. XIX-XXIV e p. LVII.torna su
21 Non sappiamo se a spiegare la discrezione sul dedicatario de La educazione e di altre odi possano valere le riflessioni di Isella sul progetto delle Odi del 1791. Tale progetto è caratterizzato da una depurazione delle contingenze che accompagnarono la composizione dei singoli pezzi: «Né poteva rinunciare al pensiero che pubblicando cose composte anche molto tempo addietro (alcune odi risalivano niente meno che a trent'anni prima e anche più) gli si sarebbe offerta l'occasione di rivederle e correggerle secondo l'esperienza cresciuta e il gusto mutato; come pure di lasciarne cadere tutti gli umori fuggevoli e le tracce più contingenti, con un processo di decantazione che conferisse al suo messaggio testamentario un valore assoluto» (Isella, Introduzione cit., p. XX). A questa considerazione dovrà aggiungersi la discrezione con cui pubblicò le sue opere, in forma quasi sempre anonima (Mattino, Mezzogiorno e la stessa edizione del 1791 delle Odi, il cui frontespizio non riporta il nome dell'autore) o con pseudonimo arcadico (come avvenne per Alcune poesie di Ripano Eupilino). Utile in tal senso potrà essere un'altra riflessione dello stesso Isella sulla datazione delle odi, elemento che sottolinea nuovamente il distacco dell'edizione Gambarelli dagli aspetti contingenti, storici dei singoli pezzi, compresi i suoi dedicatarii: «Della data delle Odi il Gambarelli discorre in nota alla maggior parte di esse, ora fornendo indicazioni precise ora più generiche, ma non per ignoranza, bensì per una certa discrezione, un elegante distacco che si direbbe dello stesso poeta» (Isella, Introduzione cit., p. XXVIII, n. 1).torna su
22 Il silenzio dell'edizione Reina su Imbonati è già stato segnalato da Giuseppe Langella in un intervento sull'eredità pariniana in Manzoni: «L'uomo con cui Giulia Beccaria aveva diviso, dal 1792, le tenere gioie della vita coniugale aveva avuto, infatti, precettore proprio il Parini. Espressamente per lui, anzi, il poeta di Bosisio, già allontanato da palazzo Serbelloni, aveva composto, nel 1764, in piena stesura del Giorno, quel piccolo capolavoro di letteratura didascalica che è, appunto, La educazione. Ora, di tutto questo il Reina non aveva fatto parola, nonché nella Vita, neppure in margine all'ode, pubblicandola, con le altre, nel secondo volume delle Opere. Il suo silenzio, quale ne fosse il movente, aveva l'acre sapore di una damnatio memoriae, perché contrastava in maniera abbastanza vistosa col criterio editoriale, cui egli aveva creduto, normalmente, di doversi attenere, di corredare i versi pariniani delle opportune notizie intorno alla genesi e ai rispettivi dedicatari. Ma tant'è: caso più unico che raro tra le poesie ispirate al Parini da una qualche 'occasione', il Reina non aveva fornito alcun ragguaglio circa l'identità del "vezzoso fanciullo", "pianta di buon seme" (La educazione, vv. 24 e 43), di cui l'abate precettore aveva festeggiato, insieme, il ristabilimento della salute e l'undicesimo compleanno» (G. Langella, «Torna a fiorir la rosa». Dal Parini al Manzoni, passando per l'Imbonati, in Le buone dottrine e le buone lettere. Brescia per il bicentenario della morte di Giuseppe Parini (17-19 novembre 1999), Atti del Convegno, a cura di B. Martinelli, C. Annoni, G. Langella, Milano, Vita e Pensiero, 2001 pp. 219-220).torna su
23 L'ipotesi non trova riscontro in nessuno dei testimoni pervenutici (cfr. G. Parini, Le Odi, cit., p. 87 - apparato).torna su
24 Cfr. Isella, Introduzione cit., pp. XLIX-LVIII. torna su
25 Per l'ordine di presentazione dei manoscritti ci atteniamo, come sempre, alla ricostruzione di Isella (cfr. G. Parini, Le Odi cit., pp. 58-59 - nota filologica introduttiva al testo). torna su
26 Cfr. ivi, p. 60 (nota filologica introduttiva al testo). torna su
27 Per la descrizione dei manoscritti cfr. Isella, Introduzione cit., pp. XXXVI-LI.torna su
28 Titolo-dedica a parte, il testo non contiene alcun riferimento all'Imbonati, a differenza di altre odi ove il destinatario è citato nello svolgimento testuale. È questo il caso per esempio dell'ode In morte di Antonio SacchiniTe con le rose ancora / Della felice gioventù nel volto / Vidi e conobbi, ahi tolto / Sì presto a noi da la fatal tua ora / O di suoni divini / Pur dianzi egregio trovator Sacchini» vv. 1-6), de La magistratura Supplicavi che uguale / A un secol fosse con novello esempio / Il quinquennio sperato / Quando l'inclito Gritti a te fu dato» vv. 75-78) e de La GratitudineVieni o cetra al mio seno; / E canto illustre al buon DURINI sciogli / Cui di fortuna dispettosi orgogli / Duro non stringon freno» vv. 5-8). Altri casi verranno segnalati e discussi nel testo. torna su
29 A questo elemento è riconducibile la decisione di disporre nella princeps i pezzi non in ordine cronologico, a differenza di quanto faccia Reina. torna su
30 L'edizione Reina colloca la dedica in nota, corredandola di alcune informazioni sul destinatario (cfr. G. Parini, Le Odi cit., p. 5 - apparato).torna su
31 La gerarchia cronologica dei testimoni anteriori alla princeps denota un andamento non lineare per la configurazione della dedica: è presente nel primo testimone, così come nella stampa del 1766, mentre nei due manoscritti successivi, più vicini all'edizione Gambarelli, non ve n'è traccia (cfr. ivi, p. 33 - apparato). L'edizione Reina, rispetto a quelle del 1791 e 1795, sposta in nota la dedica.torna su
32 L'ode sembra blindata al suo dedicatario, in quanto non solo fu stampata in una miscellanea interamente dedicata al Gritti (con conseguente valenza della dedica anche per l'ode pariniana), ma la tradizione manoscritta successiva a questa stampa riporta costantemente la dedica. L'ode è soprattutto uno di quei casi in cui la dedica non può essere espunta perché il poeta cita in più punti del testo il nome del destinatario.torna su
33 Anche In morte di Antonio Sacchini mantiene sempre lo stesso titolo-dedica.torna su
34 La dedica è riportata in tutti i testimoni dell'ode antecedenti la stampa del 1791 ed è trasferita in nota da Reina (cfr. ivi, p. 146 - apparato).torna su
35 Dell'ode non si hanno testimonianze manoscritte: prima dell'edizione Gambarelli, fu eseguita, sempre nel 1791, una stampa singola (cfr. ivi, p. 149).torna su
36 Ivi, p. 5 - apparato.torna su
37 Ivi, p. 33 - apparato.torna su
38 Ivi, p. 71 - apparato.torna su
39 Cfr. ivi, p. 70 - apparato.torna su
40 Cfr. ivi, p. 121 e 124 - apparato).torna su
41 Varrà la pena segnalare che buona parte delle suddette dediche sono conservate anche da Reina, sebbene alcune siano trasferite in nota (come nel caso di A Silvia e de La recita de' versi) e accompagnate talvolta da qualche notizia biografica sul destinatario.torna su
42 Lo stesso avviene per La Magistratura: cfr G. Parini, Le Odi cit., p. 128 - apparato. torna su
43 Cfr. le varianti dei vv. 47-48 e 59-60 in G. Parini, Le Odi cit., pp. 104-105 - apparato.torna su
44 G. Parini, Le Odi cit., p. 100 - nota filologica introduttiva. torna su
45 Ivi, pp. 114-115 - nota filologica introduttiva e apparato.torna su
46 Ivi, pp. 114-115 - nota filologica introduttiva e apparato. In nota al v. 36 («Donna d'incliti pregi») troviamo la nota esplicativa di Gambarelli: «Ragguardevolissima Gentildonna Veneta, che trovandosi in Milano, nel 1787, volle conoscere ed onorar l'Autore con tratti di amabile cortesia» (Ivi, p. 116 - apparato). torna su
47 Tuttavia l'edizione Reina ripristina la dedica in una nota (cfr. ivi, p. 115 - apparato). torna su
48 Parini descrive sensualmente l'immagine di Cecilia Tron in questi mirabili versi: «E a le nevi del petto, / Chinandosi, dai morbidi / Veli non ben costretto, / Fiero dell'alme incendio! / Permetteva fuggir?» (vv. 56-60).torna su
49 Cfr. Isella, Introduzione cit., p. XXXV. torna su
50 G. Parini, Le Odi cit., p, 166 - apparato.torna su
51 Cfr. il Catalogo dei libri italiani dell'Ottocento (CLIO), Milano, Editrice Bibliografica, 1991, vol. V, pp. 3436-3438. Sul "mito Parini" cfr. D. Isella, Foscolo e l'eredità del Parini, in ID., I lombardi in rivolta. Da Carlo Maria Maggi a Carlo Emilio Gadda, Torino, Einaudi, pp. 79-88.torna su
52 Secondo Bellorini il primo a staccarsi da Reina per canone, ordinamento e lezioni fu proprio Giuseppe Bernardoni (Poesie scelte di Giuseppe Parini milanese, Milano, Stamperia G. Bernardoni, 1814), che tornò all'edizione Gambarelli, migliorando però l'ordinamento cronologico impiantato da Reina (cfr. G. Parini, Il Giorno e le Odi, a cura di E. Bellorini, Firenze, Perrella, 1920, p. 11).torna su
53 Forniamo qui un elenco delle edizioni consultate, da cui sono escluse quelle già citate di Gambarelli, Bolzani e Reina: Poesie di Giuseppe Parini milanese, Firenze, Molini, Landi, F.C., 1806; Poesie scelte di Giuseppe Parini, Milano, Giovanni Bernardoni, 1814; Odi di Parini, Milano, Pietro Agnelli, 1816; Poesie di Giuseppe Parini milanese, in Opere Milano, Giovanni Silvestri, Biblioteca scelta di opere italiane antiche e moderne, 1821; Poesie di Giuseppe Parini milanese, Firenze, Leonardo Ciardetti, 1823; Poesie di Giuseppe Parini, Classica Biblioteca Italiana Antica e Moderna, Milano, Niccolò Bettoni, 1824; Opere di Giuseppe Parini, pubblicate per cura di Francesco Reina, Milano, Società Tipografica de' Classici Italiani, vol. 1, 1825. G. Parini, Poesie liriche, Brescia, Tipografia Pasini, 1825; Poesie di Giuseppe Parini, in Raccolta di poeti classici italiani. Antichi e moderni, Milano, Società Tipografica dei Classici Italiani (vol. 44), 1826; Opere di Giuseppe Parini, Milano, Niccolò Bettoni e comp., 1832; Opere di Giuseppe Parini, Monza, Tipografia Corbetta, 1836; Poesie di Giuseppe Parini, Napoli, Palma, 1839. torna su
54 I secoli della Letteratura Italiana dopo il suo Risorgimento. Commentario di Giambattista Corniani continuato fino all'età presente da Stefano Ticozzi, Milano, V. Ferrario, tomo II, parte I, 1833, p. 428.torna su
55 C. Didier, Alessandro Manzoni, in «Ricoglitore italiano e straniero», I, 2, 12, 1834, p. 631, n. 1. torna su
56 Sulla Storia Lombarda del Secolo XVI. Ragionamento di Cesare Cantù per commento ai Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, Milano, Ed. dell'Indicatore e A. F. Stella e figli, 1832.torna su
57 L'abate Parini e la Lombardia nel secolo passato. Studj di Cesare Cantù, Milano, G. Gnocchi, 1854. torna su
58 L'abate Parini e la Lombardia nel secolo passato cit., p. 78. torna su
59 Si cita dalla seguente ristampa: Il Giorno e scelte poesie liriche di Giuseppe Parini, con note ad uso dei giovani, per cura di I. Fabio Barnabita, Torino, Tipografia e Libreria Salesiana, 1888, p. 164, n. 1. L'edizione segue anche per il testo l'edizione di Giusti, che a sua volta si rifà, con qualche modifica, al testo dell'edizione Reina.torna su
60 G. Parini, Odi e poesie minori, commento di G. De Castro, Milano, Paolo Carrara, 1890, p. 34. torna su
61 G. M. Vitelleschi, Saggio delle poesie di Giuseppe Parini, con discorso ed annotazioni ad uso della gioventù studiosa, Roma, Tipografia di Roma, 1880, p. 313.torna su
62 Le Odi di Giuseppe Parini, illustrate ad uso delle scuole da A. D'Ancona, Firenze, Le Monnier, 1884; Le Odi di Giuseppe Parini, illustrate e commentate da A. Bertoldi, Firenze, Sansoni, 1890; Odi e poesie minori, commento di G. De Castro, Milano, Paolo Carrara, 1890; Giuseppe Parini, Il Giorno e le Odi, edizione integra con commento di L. Valmaggi, aggiuntovi il Dialogo della nobiltà, Torino, Francesco Casanova, 1899; Giuseppe Parini, Il Giorno e le Odi ed altre poesie, con prefazione e note di R. Murari, Bologna, Zanichelli, s.d. [ma dopo 1881]; Poesie di Giuseppe Parini, con introduzione e commento di G. Natali, Milano, Vallardi, 1926(?).torna su
63 Segnatura: Archivio di Stato di Napoli, Archivio privato Ruggiero Bonghi, busta 46 ("Manoscritti"), incartamento 102. La fotoriproduzione del documento è pubblicata dietro autorizzazione n. 7/2012.torna su
64 Archivio privato Ruggiero Bonghi. Inventario, a cura di S. D'Aquino di Caramanico, R. De Simine, F. Turino Carnevale, Napoli, Guida (Fridericiana Historia, Scriptores regni, 6), 1998.torna su
65 Nell'Archivio privato Ruggiero Bonghi sono conservate due brevi lettere di De Nino (busta 6, lettera D, n. 380 e 381), nelle quali non c'è alcun riferimento alla questione.torna su
66 A. De Nino, Per chi fu scritta l'ode del Parini sulla Educazione?, in «La Rivista abruzzese di Scienze e Lettere», VII, 1, 1892, pp. 22-31. torna su
67 De Nino, Per chi fu scritta cit., p. 23. torna su